Ci sono più di 36mila vicentini che, già oggi, per andare in banca devono uscire dal proprio Comune. Nella stessa situazione si trovano oltre 2.400 aziende. Altri 112mila cittadini e 8.800 imprese, in provincia, trovano ancora almeno una filiale nel proprio territorio comunale — per ora.
«È la desertificazione bancaria. Un termine coniato da noi, che indica l’abbandono del territorio da parte delle banche. Un impoverimento progressivo del servizio a cittadini e imprese, tanto più problematico in un tessuto economico come quello vicentino, fatto di piccole aziende».
Lo afferma Rosaria Di Martino, segretaria First Cisl (lavoratori di banche, assicurazioni e riscossioni) della macroregione Alto Adige – Trentino Veneto, a capo del sindacato di Vicenza.
La sigla ha creato da alcuni anni un osservatorio online basato su dati di Banca d’Italia, Istat ed Eurostat, che registra la progressiva “desertificazione”. A livello regionale, emerge un paradosso: le aree dove la popolazione usa meno l’home banking sono anche quelle con meno sportelli bancari. In Calabria, solo il 33% della popolazione utilizza internet e ci sono in media 17 filiali ogni 100mila abitanti; in Trentino, invece, il 67% dei cittadini è “digitalizzato” e la media sale a 63 filiali.
E Vicenza? Nei 113 Comuni della provincia, oggi 93 hanno una o più filiali (38 ne hanno solo una) e 20 ne sono completamente privi. Gli sportelli complessivi sono 361, contro i 406 del 2021 — un calo di 45 filiali in meno in quattro anni.
«Non è (solo) un problema di lavoro»
«Per paradosso, l’aspetto che ci preoccupa di meno è la tenuta occupazionale – spiega Di Martino –. Con la chiusura di filiali non siamo arrivati ai licenziamenti, grazie a un fondo bilaterale di categoria che abbiamo istituito anni fa. Questo fondo permette di gestire le crisi, evitando la cassa integrazione. I rischi maggiori derivano invece dal “Risiko bancario” e dalle politiche industriali dei grandi gruppi».
La sindacalista aggiunge: «Non siamo contrari alla digitalizzazione: anzi, la proposta dell’euro digitale può essere un’opportunità. Ci preoccupa, piuttosto, l’abbandono delle fasce deboli e delle piccole imprese. Gli anziani spesso non hanno dimestichezza con i servizi online, e le piccole aziende hanno bisogno di consulenza diretta su credito, investimenti e affidamenti».
Banche locali e resistenza sul territorio
Secondo Di Martino, le banche di credito cooperativo (BCC) restano un presidio importante:
«Per fortuna, nel Vicentino ci sono istituti solidi che ancora resistono. La speranza è che non si facciano trascinare dalle politiche dei grandi gruppi aderenti ad ABI, che si fondono come in un gioco di Risiko».
I segnali di cambiamento
L’attività della First Cisl sul tema della desertificazione comincia a dare risultati: «Finalmente, oggi ne parlano tutti – dice Di Martino –. Persino Mario Draghi ne ha parlato. Abbiamo acceso un faro».
Nella macroregione, il sindacato propone sessioni di educazione finanziaria rivolte a scuole e fasce sociali fragili, per promuovere una digitalizzazione più consapevole. Il segretario generale Riccardo Colombani è stato audito in Parlamento, e stanno nascendo osservatori regionali con la partecipazione di amministratori locali.
«Il trend purtroppo non è ancora invertito – conclude Di Martino – ma finalmente qualcosa si muove».
Comuni vicentini senza sportelli
Secondo i dati First Cisl, oggi 20 Comuni della provincia di Vicenza non hanno né sedi né filiali bancarie. Tra quelli con più di 1.900 abitanti: Brogliano, Castegnero, Monte di Malo, Pozzoleone, Caltrano, Chiuppano, Velo d’Astico, Pianezze, Altissimo, Albettone.
Molti altri hanno una sola filiale, tra cui Zugliano, Sarego, Quinto Vicentino, Santorso, Montecchio Precalcino, Nove, Valbrenta, Grumolo delle Abbadesse, Fara Vicentino, Cartigliano.


