Brucia, ma illumina. Così pare che Pio XII commentasse il saggio di Bernanos che denunciava i crimini del franchismo in Spagna. L’espressione potrebbe adattarsi perfettamente all’ultimo romanzo di Mariapia Veladiano Dio della polvere, uscito in questi giorni in libreria per Guanda Editore. Ancora una volta una storia di violenza e di ferite sui piccoli (tema dolorosamente ricorrente nei lavori della scrittrice vicentina), ma che in questo caso ci tocca molto da vicino. Si parla infatti di pedofilia nella Chiesa e il libro rivela un lavoro di ricerca accuratamente documentato, tanto da essere già stato definito un “romanzo-inchiesta”.
Romanzo breve, 180 pagine che si leggono tutte d’un fiato per il ritmo incalzante e soprattutto per il peso della posta in gioco. La forma è quasi quella dell’opera teatrale: tutto si incentra sui dialoghi serrati tra i protagonisti in una cornice che sarebbe facilmente replicabile su di un palcoscenico: una scrivania, poche poltroncine, una luce soffusa… circondati dall’oscurità polverosa della sala. Un’atmosfera oppressiva, stagnante, che diviene finanche angosciosa e che spinge a desiderare di aprire tende e finestre, a lasciar passare luce ed aria pulita.
Tre i protagonisti presenti sulla scena: Chiara, il Vescovo, suor Mary Ann. Chiara è una fisioterapista, donna di mezza età, energica, combattiva, senza peli sulla lingua. Un passato sentimentale complesso e tormentato. Lavora con passione, trasporto emotivo. Curando il corpo dei suoi pazienti, si avvicina alle loro anime e alle loro ferite interiori. Scopre la violenza subita ripetutamente da una sua paziente quando era bambina. Da un prete, manipolatore e mistificatore, abusatore seriale. Donna di fede, nonostante la Chiesa e i preti, Chiara chiede udienza al Vescovo e lo incalza ripetutamente perché il responsabile sia individuato e punito e le sue vittime trovino giustizia e riparazione. Il Vescovo è arrivato in diocesi da poco, ma ha già le spalle ricurve, c’è un’ombra di desolazione in lui. Pare oppresso dai problemi e dalle responsabilità, ma anche desideroso di cambiare le cose, di far entrare aria nuova nelle stanze ecclesiastiche. Anche se già in passato ha dato prova di rettitudine e di coraggio, lo frenano il ruolo acquisito e il senso dell’istituzione, la paura di ciò che la gente potrà dire. A fianco a lui c’è suor Mary Ann, una giovane religiosa africana, donna intelligente e dalla fede lineare, profonda, autentica. Il volto credibile della Chiesa, che assumerà nella vicenda un ruolo sempre più importante e alla fine, per quanto possibile, risolutivo.
Un’altra presenza abita le stanze del Vescovo, un cane di nome Regina. Trovata per strada stremata in una sera di pioggia, è stata accolta in vescovado con un poco di imbarazzo. Porta vitalità e immediatezza, facilitando i sofferti dialoghi tra Chiara e il Vescovo. Gli occhi di un cane obbligano sempre alla verità.
Sarebbe semplicistico identificare l’Autrice con Chiara. Certo, c’è molto di Mariapia Veladiano e del suo rapporto con Dio e con la Chiesa nel personaggio della fisioterapista. Ma quella espressa è una rabbia sofferta, la rabbia di chi ama e non è capace di andarsene, perché nonostante l’evidenza del marcio, c’è anche l’esperienza del bene e la consapevolezza evangelica che grano e zizzania a volte non si possono separare senza far danni. È evidente che l’autrice soffre nello scrivere certe cose, come soffrono i suoi personaggi e soffriranno i lettori nel leggerle. Brucia, ma illumina, appunto. Dio della polvere illumina non solo lo scandalo dei preti pedofili che uccidono il corpo e l’anima delle proprie vittime e inferiscono una ferita drammatica e profonda a tutta la Chiesa, ma anche e soprattutto illumina quello che è forse nella Chiesa il problema più grave ed urgente: l’abuso del potere. Un potere ancora troppo maschile e troppo spesso vissuto non come servizio, ma come strumento per coprire, preservare e perpetuare sé stesso. L’evangelico “tra voi non sia così” pare perdersi irrimediabilmente tra le stanze, le carte, i cerimoniali e i protocolli istituzionali. Non è un caso che siano tre figure femminili (cane compreso) a risvegliare la parte più umana e autenticamente pastorale del cuore del Vescovo.
Un unico rilievo verrebbe forse da muovere al romanzo di Veladiano. Vi è un quinto personaggio, il più importante, Luna, la ragazza abusata e in cerca di rinascita. Chiara accusa la Chiesa di non ascoltare e considerare davvero le vittime dei preti pedofili, di non metterle al centro delle proprie preoccupazioni. E probabilmente questo è, nonostante qualche passo fatto negli ultimi anni, ancora vero. Ma Luna è assente anche dal romanzo, presente solo per interposta persona, nella denuncia di Chiara. Segno di una fatica oggettiva e condivisa a dar voce alle vittime.
La verità è che non dovrebbe esservi più nessuna Luna a cui dare voce. Perché anche un solo caso di pedofilia nella Chiesa è già troppo.
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