A Vicenza il settimanale diocesano nasce relativamente tardi. Padova, Treviso, Venezia e Verona, come molte altre diocesi in Italia, se ne erano dotate già alla fine dell’800. Non che a Vicenza, mancasse la stampa cattolica. Al contrario! Le voci erano tante e diversificate, a volte anche in forte polemica tra loro.
Espressione di un mondo cattolico dai molti volti, nel vicentino si stampavano o erano stati stampati per alcuni decenni la temibile Riscossa dei fratelli Scotton, L’Avvenire della Gioventù dei padri Giuseppini del Murialdo, Il Vessillo Bianco (diretto da mons. Arena con la collaborazione di Elisa Salerno e don Francesco Regretti), Il Berico, polemico settimanale divenuto per un periodo addirittura quotidiano sotto la direzione di Adriano Navarotto e, quasi fino ai giorni nostri, L’Operaio cattolico. A questi, almeno finchè la censura fascista lo permise, si aggiungevano un’infinità di altri “fogli volanti” di matrice cattolica, spesso taglienti contro socialisti, liberali e, soprattutto, verso i sospettati di modernismo, vescovi compresi.
In occasione del cinquantesimo del nostro settimanale, don Gildo Reato, mons. Zilio e Sergio Spiller raccontarono a puntate la variegata e avvincente storia di tali pubblicazioni in una rubrica significativamente intitolata “Dalle voci alla Voce”. Soprattutto dal 1947, deposta con lungimirante e per certi versi sorprendente umiltà la pretesa di essere “La Verità” (oggi appannaggio forse solo di Belpietro e dei suoi cronisti, ancora probabilmente ignari del colloquio avvenuto tra Gesù e Pilato), il nostro giornale si assunse nel dopo guerra, in un contesto che certo a livello ecclesiale non favoriva propriamente il pluralismo, il compito di essere finalmente Voce di tante voci. Quelle della Chiesa vicentina certo (con le sue anime diverse, seppur placate dalla bonomia democristiana e da una certa tendenza del vicentino medio al quieto vivere), ma anche quelle di un territorio bello, variegato e policentrico che dalle Piccole Dolomiti alle vaste campagne del Basso Vicentino porta con sè ancor oggi tanti caratteri diversi.
Una vocazione stimolante che, ottant’anni dopo, vorremmo provare a riscoprire e ad attuare, anche correndo il rischio di risvegliare quella pluralità di voci che nella Voce potrebbero e dovrebbero, proprio per amor della Verità, poter trovar cittadinanza. In tempi in cui a tutti è da to con immediatezza e facilità la possibilità di esprimersi sui social, questa potrebbe apparire un’anacronistica utopia. Ma proprio le derive del web cui purtroppo tutti noi quotidianamente assistiamo, tra fake news e bulli da tastiera, ci fanno convinti che un settimanale, anche “di carta,” possa offrire uno spazio interessante di informazione, approfondimento e soprattutto di condivisione di idee e pacato confronto, nell’orizzonte di una visione del mondo e dell’essere umano non piegate alle nuove ideologie del liberismo esasperato a livello economico o del nichilismo disperato a livello etico e spirituale. E a differenza di molti altri che cercano facili consensi parlando al ventre o al basso ventre dei propri lettori o telespettatori (magari solo per carpirne voti e consumi), un giornale cattolico come è il nostro, per non tradir sé stesso, dovrà sempre mantenersi popolare, cioè vicino alla vita, ai problemi e al linguaggio della gente, senza tuttavia mai diventare populista (nè di destra, nè di sinistra), ma fedele solo a quel Vangelo che anche se è offerto a tutti, non potrà forse mai essere di tutti. Non è questo di certo un compito facile. Ma proprio l’attenzione alla vita della gente da un lato e al messaggio di Gesù Cristo dall’altro (Via, Verità e Vita), siamo convinti possano generare un modo sempre nuovo e affascinante di fare un giornale che dopo 80 anni ancora senta il fuoco della propria missione.
Giovanni Alessio Graziani, donalessio@lavocedeiberici.it
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