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Home Interviste

«Al nuovo sindaco consiglio prudenza, coraggio e tenerezza»

4 Giugno 2018
in Interviste, In primo piano
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«Al nuovo sindaco consiglio prudenza, coraggio e tenerezza»

«Fatica, tanta fatica, ma guai se non fosse stato così». È questo il primo bilancio del sindaco Achille Variati che si sta preparando a scendere dalla grande nave (Vicenza) che ha guidato per 10 anni non sempre con condizioni atmosferiche favorevoli. È sempre stato uno stacanovista e a 10 giorni dal voto non fa eccezioni. «Vicenza ha rappresentato quasi tutto per me» dice nel suo ufficio «di rappresentanza» una mattina a Palazzo Trissino.

Con che sentimenti lascia il testimone?

«Sinceramente guardandomi allo specchio me ne vado con un senso di dovere compiuto. Sono successe tante cose, un sindaco non può risolvere tutti i problemi di una comunità, non può fare sempre tutto quello che vuole – le sue azioni dipendono dall’aspetto finanziario, dai patti di stabilità -, però deve rappresentare una guida autorevole, non autoritaria, e garantire il proprio impegno totale. Ecco questo penso di averlo fatto. Sono abbastanza in pace con me stesso».

Che cosa ha rappresentato per lei Vicenza in questi 10 anni?

«Quasi tutto. Nel senso che la mia vita privata è stata molto ridotta. Ho dedicato la mia esistenza alla città. Se dovessi sintetizzare questi 10 anni con una parola, userei il termine fatica. Quando si hanno incarichi di responsabilità così alti, guai se un sindaco non fa fatica! Se non fosse così significa che non sta svolgendo bene il suo compito».

Ci sono fatiche che portano a grandi soddisfazioni, fatiche invece che portano a delusioni. Cominciamo da una grande fatica finita “bene”.

«L’alluvione del 2010 è stata la fatica più grande, terminata con una grande soddisfazione. Ero sul ponte degli Angeli e non dimenticherò mai quel mare di acqua color fango che si era spostato: veniva da via Torretti e poi scendeva su San Pietro, Corso Padova, via 4 Novembre. Mi porto dentro il senso di impotenza e la voglia di scappare non sapendo quanta responsabilità avrei dovuto avere. È viva la fatica di dover dare risposte a una comunità ferita, da una parte, e garantire tutti i servizi alla parte della città “salva” che continuava con la sua vita normale. La decisione di aprire il Municipio in una tenda è stato un dedicarsi totale, una fatica immensa, finita, però, positivamente con tantissimi ragazzi volontari che accorsero al mio appello di ripulire la città. Fu una grande sorpresa».

La fatica, invece, che non è stata ripagata?

«Una fatica continua riguarda la macchina burocratica che anche in Comune non gira come dovrebbe. Parlare, riparlare, fare il punto, dover tornare. Un’inefficienza che non va bene perché non riesce a dare servizi adeguati ai cittadini. È stata una mia battaglia in questi 10 anni; a volte mi sono sostituito a chi ha responsabilità pur di far andare avanti le cose. Non dimentichiamo, poi, la crisi economica e il crac della Banca Popolare di Vicenza, una ferita aperta».

Che città pensa di lasciare al suo successore?

«Una città più viva, solidale, che non vuole farsi spegnere dalle paure, una città che guarda avanti su alcune infrastrutture assolutamete necessarie per uno sviluppo equilibrato, per la mobilità sostenibile. Penso di consegnare una città migliore rispetto a quella che ho ereditato. Non lascio disegni, ma progetti con i relativi finanziamenti: bando periferie, linea elettrica per fare due esempi.Non sono sogni».

Che consigli si sente di dare al suo successore?

«Do al mio successore il consiglio che diede a me il Santo Padre. Sono tre parole: prudenza, coraggio e tenerezza; una sintesi straordinaria. Prudenza perché il primo cittadino non è un uomo di teatro, non può permettersi sparate, non può vivere di comunicazione. Deve pensare e studiare. Quante volte la sera ero stanco, ma mi sono portato a casa i fogli da ripassare per essere pronto il giorno dopo, con assessori o dirigenti. La prudenza deve essere accompagnata dal coraggio. Il sindaco deve avere vision, nel momento giusto deve avere la direzione, deve saper dire “avanti, forza”. È il portabandiera. E poi la tenerezza perché gli ultimi devono stare nel cuore del sindaco come il più importante personaggio di Vicenza. Darei la stessa risposta anche se non foste un settimanale diocesano» .

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