Bolzano, Vicenza, Roma: è questo l’asse su cui, in questo inizio di novembre, si sta giocando una fetta importante del futuro delle Acciaierie Valbruna.
L’ultima notizia arriva dalla Capitale, dove martedì 4 novembre il Governo ha confermato di voler esercitare il “Golden power”, ossia il potere speciale che può essere utilizzato quando viene messa a rischio la continuità produttiva di un’azienda ritenuta strategica.
Una decisione che riguarda in maniera diretta lo stabilimento altoatesino – a rischio chiusura dopo il bando europeo pubblicato dalla Provincia di Bolzano per assegnare la concessione dell’area su cui sorge –, ma che interessa da vicino anche il capoluogo berico.
Anche a Vicenza, infatti, è alta la preoccupazione, perché qui l’azienda ha il suo quartier generale e perché i due stabilimenti sono legati a doppio filo, come ha dimostrato l’ampia partecipazione dal Vicentino alla manifestazione svoltasi a Bolzano lo scorso 7 ottobre.
«I due siti – spiega Maurizio Montini, segretario organizzativo della Fim Cisl di Vicenza – sono complementari. Questo significa che molti prodotti vengono realizzati in sinergia da entrambi gli stabilimenti. Il lavoro di uno è quindi strettamente collegato a quello dell’altro, con una parte di lavorazione che viene svolta in un sito e completata poi nell’altro.
Per questo non sono a rischio solo i 600 lavoratori di Bolzano, ma tutte le circa 1.800 persone che operano nelle due sedi. E a risentirne potrebbe essere un indotto che arriva a contarne oltre 3.000. La scelta di Bolzano costituisce quindi, a cascata, un problema grave anche da noi».
Ed è per questo che la mobilitazione del territorio non si è fatta attendere: dai sindacati Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil di Vicenza alla politica e alle istituzioni, con il consiglio comunale del capoluogo che nei giorni scorsi si è espresso a difesa dell’azienda e ha poi presentato una mozione bipartisan per chiedere il ritiro del bando di gara.
Fino, appunto, al Governo che, con l’esito dell’istruttoria sul “Golden power”, ha confermato la piena strategicità dello stabilimento Acciaierie Valbruna di Bolzano, riconoscendolo presidio di importanza nazionale. In conseguenza di ciò, qualsiasi minaccia alla sua continuità produttiva potrebbe comportare l’esercizio dei poteri speciali da parte dell’Esecutivo.
«Definire le Acciaierie Valbruna un’azienda strategica non risolve il problema – spiega Montini –, ma è il presupposto per aprire la strada a una revisione del bando e per invitare la Provincia di Bolzano a sedersi nuovamente al tavolo con tutte le parti. Da subito ci siamo schierati contro un bando che, per come è impostato, non offre alla Valbruna alcuna possibilità di continuità produttiva».
Alla base di tutto c’è la gara europea indetta dalla Provincia di Bolzano lo scorso settembre, quando è scaduta la concessione. Una gara a evidenza pubblica, come previsto dalle norme europee, che assegnerà il diritto di superficie del terreno, segnando quindi il futuro di una sede sulla quale la proprietà Valbruna ha investito oltre 450 milioni di euro.
«Non contestiamo la normativa europea, ma il modo in cui questa è stata seguita – spiega ancora Montini –. Non c’era alcun divieto di predisporre un bando che aprisse alla possibilità di una continuità produttiva dell’acciaio. Non si trattava di fare favoritismi, ma solo di assicurare la giusta e legittima possibilità di parteciparvi.
Invece, per come la gara è stata costruita, questo di fatto non avviene: basta pensare che al polo siderurgico viene assegnato un punteggio di 4 su 100. Anche la politica deve assumersi le sue responsabilità, mirando alla difesa dei lavoratori e di una proprietà che ha dimostrato con i fatti di voler continuare a mantenere la produzione in Italia».
Vincenzo Grandi
© RIPRODUZIONE RISERVATA


