Non è la prima volta che il presidente Mattarella paragona l’attuale situazione geopolitica mondiale a quella di altri momenti particolarmente bui della storia occidentale. Lo aveva fatto lo scorso febbraio a Marsiglia, rilevando le preoccupanti somiglianze tra questi nostri anni Venti e quelli del secolo passato in cui, in un contesto di grave crisi economica, sociale e culturale, fiorirono i totalitarismi di cui pagammo poi le nefaste conseguenze.
Lo ha fatto di nuovo, il Capo dello Stato, la settimana scorsa a Lubiana dove, commentando il grave episodio dei droni russi sconfinati sulla Polonia (e nei giorni successivi anche sui cieli della Romania) ha evocato il 1914, ammonendo che “ci si muove su un crinale in cui, anche senza volerlo, si può scivolare in un baratro di violenza incontrollata”. In entrambi i casi lo spettro evocato dal Presidente è quello del pericolo di un allargamento indiscriminato del conflitto, di una possibile nuova tragica guerra mondiale. Le parole di Mattarella, una delle poche voci autorevoli che ancora ci è dato di ascoltare, sono suonate ancor più allarmanti nelle ore successive, con l’uccisione negli Stati Uniti dell’attivista politico Charlie Kirk durante un suo comizio. Certo non si trattava di una personalità del peso politico dell’Arciduca Ferdinando d’Austria, il cui assassinio a Sarajevo diede inizio appunto alla prima guerra mondiale, ma nondimeno anche la sua morte violenta, motivata essenzialmente da ragioni politiche, rimanda a quel tormentato inizio del XX secolo in cui furono almeno una dozzina i capi stato, i regnanti e gli esponenti politici europei e statunitensi ad essere uccisi da anarchici e insurrezionalisti, spesso ugualmente freddati a colpi di pistola in contesti pubblici. Charlie Kirk era certo una figura divisiva, per quello che diceva e per come lo diceva.
La notizia della sua morte è divenuta, a riprova di questo, pretesto di tristi e inopportune polemiche politiche e scontri culturali. Kirk era un giovane repubblicano, cristiano e conservatore. Le tre cose non è detto che vadano per forza insieme. Avrebbe compiuto 32 anni il mese prossimo. Sposato dal 2021, era padre di due figli. A 19 anni aveva fondato il movimento Turning Point (Punto di Svolta) per promuovere la diffusione nelle scuole e nelle università statunitensi di valori e visioni del mondo “tradizionali”, in opposizione alla cosiddetta cultura “woke” e diventando così di fatto il braccio giovanile del partito repubblicano. Durante i dibattiti nelle scuole e attraverso un’intensa attività sui social, Kirk si batteva soprattutto contro l’aborto, le teorie di genere, la maternità surrogata, l’eutanasia, le “discriminazioni positive” generate involontariamente da politiche nate in favore della tutela delle donne o di alcune minoranze. Se vogliamo, contro tutto ciò che Douglas Murrey in uno schietto saggio pubblicato da Neri Pozza nel 2020 definì “la pazzia delle folle”. Il suo argomentare in dibattiti serrati diventava a volte spavaldo, la passione si traduceva spesso in animosità, a volte perfino in aggressività verbale; alcune sue posizioni potevano risultare provocatorie al limite dell’accettabile; altre idee del tutto fuorvianti o infondate. Eppure dobbiamo ricordare che Charlie Kirk prima che repubblicano era cristiano e di recente aveva criticato alcune posizioni di Trump e preso le distanze dal governo di Israele riguardo la guerra in Palestina. Poche settimane fa ad un giornalista che gli chiedeva che cosa avrebbe voluto si fosse ricordato di lui nel futuro (strana domanda ad un trentenne), aveva risposto: “la mia fede”. E a riprova di questa sono giunte le condoglianze oltre che dal mondo evangelico anche dagli stimati (e moderati) vescovi cattolici Conley e Barron e dello stesso papa Leone. Se alla libertà di pensiero, di culto e di espressione si pone fine con tre pallottole, allora sì, ha ragione Mattarella, siamo davvero su un pericoloso crinale della storia.
Alessio Graziani, donalessio@lavocedeiberici.it
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