Si è divertito ad appendere in giro per Vicenza una ventina di cartelli buffi ed ironici. Chi li ha visti, passeggiando per strade, ponti, parchi li ha letti senza farci caso. Cinque passi dopo ecco che il cervello realizza: “Ma che roba è questa?”. Qualche passo indietro e il dubbio amletico è risolto: sì, c’è davvero qualcosa che non torna: “Area soggetta a improvvisi sussulti di coscienza” affisso nel portone in legno della chiesa dei Carmini; “Obbligo di un’assoluta rettitudine morale” e “La verità non è qui” a Campo Marzo; “Pericolo senso di vuoto interiore” nella passerella del quartiere dei Ferrovieri, “Pericolo uova sode” lungo il ponte di Viale Margherita prima delle scalette di Monte Berico, per citarne solo alcuni.
È il burlone del vicentino Alberto Graziani, in arte Graz, fratello del nostro direttore don Alessio, artista a tutto tondo. Vignettista, giornalista, poeta, performer è stato redattore del settimanale satirico Cuore, diretto da Michele Serra; ha scritto su Comix, L’agenda di Comix, Carta, Diario, Anna, Internazionale. Nel 2000 ha fondato con Sergio Saviane, padre della satira italiana e fondatore de Il Male, il mensile di satira Malox. È stato vicedirettore del settimanale vicentino VicenzaAbc e ha pubblicato con Mondadori l’opera umoristica L’Abc del giovane disoccupato. Ora collabora con il quotidiano Avvenire e altre testate. È sua la mostra sulle liste della spesa abbandonate sui carrelli o gettate per terra ed è sempre lui il curatore della striscia del nostro affezionato “Piccione Gedeone” protagonista sulla Voce.
Alberto, come le è venuto in mente di seminare per Vicenza cartelli così?
«È stato il Piccione Gedeone ad ispirarmi. In una delle strisce che ho disegnato compare il cartello “Area videosorvegliata per ragioni di semplice voyeurismo” (poi finito a campo Marzo ndr). Mentre la punta della matita scorreva sul foglio ho pensato: “Ma perché non realizzarli davvero?”. A quel punto: “Perché tenerli a casa?”. Li posizionavo nei luoghi giusti e prendevano una forza incredibile. Sono vittima delle mie idee, la maggior parte delle volte folli. Un cartello dice come ti devi muovere, che cosa puoi o non puoi fare, mi sono detto “vabbè aggiungiamo un po’ di creatività e creiamo dei corto circuiti, chiediamoci il perché delle cose”. C’è una componente surreale, dadaista. Il titolo del progetto è “Etica estetica segnaletica”».
Fanno riflettere, sono taglienti, stimolano ad andare oltre, ad una presa di coscienza.
«Non so se tutti li capiscono, ma lo scopo è quello».
Il primo che ha attaccato, dove e quando.
«A fine febbraio, nella cancellata dell’Istituto “Rossi” in via Legione Gallieno. Lì è pieno di scritte rosse, realizzate con lo spray, una dei no vax. Il cartello giallo di pericolo recita “Pensiero comandato a distanza” e ha avuto una doppia funzione: prendere in giro i no vax e far riflettere. Il bidello mi ha beccato subito: “Che cosa sta facendo?”. Gli ho spiegato e alla fine mi ha lasciato fare, era contento. Il cartello è ancora lì. Gli studenti si sono affezionati. Poi ne ho appeso uno fuori dal Canova: “È pericoloso esprimersi”. Pochi giorni dopo a Pisa gli alunni sono stati presi a manganellate. È stato profetico».
I cartelli sono già quasi tutti spariti.
«Sì, soprattutto quelli a Campo Marzo. Mi fa piacere, significa che sono piaciuti. Qualcuno magari se l’è appeso in sala, in camera. Obiettivo raggiunto».
Il cartello che ha preparato, ma che poi non ha attaccato?
«”Vietato sputare sugli avvocati”, doveva finire fuori dal Tribunale di Venezia. Un amico mi ha consigliato: “Meglio se lasci stare”».
Marta Randon