La discarica di Puerto Barrios, le colonne di fumo che si alzano dai cumuli di rifiuti, gli avvoltoi in cerca di cibo e intere famiglie che rovistano tra i rifiuti cercando qualcosa di salvabile da riutilizzare o rivendere. È una scena che sicuramente è comparsa più volte davanti agli occhi del beato padre Tullio Maruzzo, il missionario nato a Lapio e ucciso in odium fidei in Guatemala nel 1981. La stessa scena che i conterranei di oggi di padre Tullio vedranno con i loro occhi il prossimo agosto. |Un gruppo di giovani, infatti, è in procinto di partire per il Guatemala, per conoscere da vicino l’opera di Tullio Maruzzo |e sostenere un progetto di solidarietà nelle comunità che il Beato ha accompagnato e difeso dai soprusi al punto da venire ucciso.
«La proposta era nata ancora nel 2020, poi abbandonato a causa del Covid – racconta don Luigi Villanova, collaboratore pastorale dell’Up Valli Beriche, di cui fa parte la parrocchia di Lapio -. L’idea è stata ripresa in mano e lo scorso anno due parrocchiani sono andati in avan scoperta. Hanno conosciuto da vicino la realtà di Puerto Barrios e i villaggi nella foresta che padre Tullio visitava. È nata così l’dea di sostenere un progetto di solidarietà che “suggelleremo” con il viaggio in agosto. Sarà un ponte di sorellanza tra due Chiese, nella memoria di padre Tullio. Partiremo in quattro con la voglia di allargare i nostri confini, non solo geografici, ma anche umani».
|Puerto Barrios, città che si affaccia sull’Oceano Atlantico, è il capoluogo del distretto di Izabal, dove padre Tullio arrivò per la prima volta nel 1960|, a 31 anni. Qui iniziò la sua opera evangelizzatrice, rivolta a poveri, migranti, indios e campesinos. Questi ultimi, in particolare, subivano le violenze dei grandi latifondisti che si appropriavano delle loro terre e disboscavano foreste per ampliare allevamenti e coltivazioni.
«Nel distretto di Izabal oggi opera un missionario originario di Malta, fra Anton Grech, che ci ha ospitati durante il nostro sopralluogo – racconta Edoardo Piubello, che l’anno scorso si è recato in Guatemala assieme a Davide Toniolo -. Segue una trentina di parrocchie, lo abbiamo accompagnato durante le sue attività quotidiane. Si occupa soprattutto degli indios che vivono nella foresta, conservando tradizioni e stili di vita dei popoli maya da cui discendono». Ma a colpire più di tutto Edoardo e Davide è stata la discarica di Puerto Barrios. «È una discarica a cielo aperto, a 15 minuti dalla parrocchia in cui risiede padre Anton – prosegue Edoardo -. Ci vivono e “lavorano” una sessantina di famiglie, che si danno da fare differenziando i rifiuti, abitando ripari di fortuna costruiti addirittura dentro la discarica. Abbiamo visto tantissimi bambini. La realtà ci ha scossi molto, durante il nostro viaggio ci siamo tornati più volte, per conoscere un po’ meglio la situazione e portare qualche aiuto. Così padre Anton ci ha raccontato della necessità di realizzare un pozzo per portare l’acqua agli abitanti della discarica e di realizzare un riparo dove i bambini e gli anziani possano riposare, durante il giorno. In futuro, gli piacerebbe avviare anche una scuola». Tornati a casa, Edoardo e Davide hanno portato la loro testimonianza alla comunità di |Lapio che ha deciso di rimboccarsi le maniche per sostenere le iniziative di fra Anton per quella gente di cui anche Tullio Maruzzo si prendeva cura|. «Abbiamo iniziato a raccogliere fondi, vendere torte e abbiamo anche organizzato una cena guatemalteca – spiega Edoardo -. I soldi raccolti li abbiamo donati alla Fondazione Guatemalta, fondata da padre Anton che è così riuscito a realizzare il pozzo, mentre la realizzazione del riparo è in corso».
I luoghi che conosceranno i giovani di Lapio in partenza per il Guatemala «non sono molto diversi da quelli che oltre quarant’anni fa conosceva Tullio Maruzzo – spiega Edoardo -. Le povertà non sono tanto diverse da allora. C’è ancora discriminazione verso gli indios. E ancora grandi latifondisti. La memoria di padre Tullio è vivissima. Ai bambini Maruzzo e il catechista morto assieme a lui sono presentati come degli eroi. Erano entusiasti di conoscere persone che provenivano da Lapio. La ferita di quel periodo è apertissima. Ci sono stati moltissimi morti e tanti desaparecidos».
«|Credo che la figura del Beato Tullio Maruzzo abbia moltissimo da dire anche oggi| – riprende don Luigi Villanova -. Il suo motto era “annunciare e denunciare”, ha sempre difeso i campesinos con la non violenza. Aveva capito che il cristianesimo non può essere solo religiosità accomodante e ha aiutato la gente a diventare cosciente di quello che è».
Andrea Frison