Torna nella diocesi di Vicenza dopo sei anni di pausa il “ProgettOmelia” promosso a livello nazionale da tre diversi uffici della Cei (liturgico, catechistico e per le comunicazioni sociali) e organizzato dall’Ufficio liturgico della diocesi di Vicenza in collaborazione con il Seminario berico. Lo fa con una veste nuova: interdiocesana e più strutturata. Tredici i seminaristi e diaconi coinvolti, provenienti da sette diocesi del Triveneto: Vicenza, Padova, Trento, Udine, Belluno-Feltre, Adria-Rovigo e Vittorio Veneto tra cui due frati francescani e tre giovani stranieri, due provenienti dal Ghana e uno dal Togo. Obiettivo: offrire loro strumenti comunicativi efficaci per salire all’ambone più sicuri e capaci.
«Il corso che proponiamo è un punto di arrivo di un dialogo di alcuni anni tra i rettori di alcuni seminari che hanno deciso di mettere in comune le esperienze più significative maturate nella propria sede – racconta il rettore don Aldo Martin -. La Diocesi di Padova ha proposto il percorso “Prossimità del malato” sulla pastorale sanitaria, quella di Treviso sul sacramento della confessione. Noi avevamo alle spalle due edizioni ben riuscite del ProgettOmelia. Un punto d’onore il fatto che siamo riusciti ad uscire dallo stretto confine diocesano, allargando gli orizzonti. Vediamo se si farà avanti qualche altro seminario».
Sei gli incontri organizzati, quattro già svolti; gli ultimi due saranno il 5 e 6 dicembre al Centro Onisto, nei locali del Seminario: «Per i partecipanti, in particolare per i due diaconi vicentini coinvolti (Paolo Allegro e Sebastiano Pellizzari), è un’occasione di conoscenza e scambio. Hanno dovuto preparare gli ambienti per accogliere i colleghi, condividono pranzi, cene, preghiere. Spero nasceranno future amicizie e collaborazioni».
Gli aspiranti omileti affrontano approfondimenti teorici ed esercitazioni pratiche accompagnati da un’equipe diocesana. Quattro i punti di osservazione: l’organizzazione dei contenuti dell’omelia, il rapporto con l’assemblea, le ricadute nel contesto ecclesiale, la comunicazione, sia da un punto di vista testuale che visivo e auditivo.
«Il “ProgettOmelia” non intende approfondire le competenze liturgiche, esegetiche, teologiche, necessarie per l’approfondimento contenutistico necessario alle omelie, ma approfondire in modo puntuale gli aspetti comunicativi» spiega don Pierangelo Ruaro, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano.
«L’Omelia – riflette don Martin – si pone come il punto di contatto tra la Parola proclamata dai testi delle Scritture e la vita della gente. Tradurre nell’oggi la perennità del Vangelo di Gesù è un compito arduo, ma molto affascinante. Per un presbitero dare voce a Dio è un compito bellissimo». Non semplice però. «Le finalità dovrebbero essere quelle di incoraggiare, consolare, dare forza alle persone che dalla messa vogliono attingere nuove energie, entusiasmo, motivazione per tornare alla vita di ogni giorno» continua don Aldo Martin.
«La predicazione omiletica purtroppo è rimasta per molti cristiani l’unico spazio formativo, l’unico momento per ascoltare la Parola Buona – riflette don Pierangelo Ruaro -. Si tratta quindi, per tutti i preti, di un’occasione preziosa, una “carta” da giocare con preparazione e intelligenza».
Papa Francesco nella Evangelii Gaudium (n.145) scrive: “La preparazione della predicazione è un compito così importante che conviene dedicarle un tempo prolungato di studio, preghiera, riflessione e creatività pastorale”. Non basta che i contenuti siano buoni : «Spesso sono sottovalutati o non percepiti fino in fondo dall’assemblea a causa di una comunicazione non efficace – afferma ancora il responsabile dell’Ufficio liturgico diocesano -: la modulazione della voce, gli sguardi, le pause giuste, la gestualità sono elementi importanti che devono essere coltivati».
È importante anche la durata. Papa Francesco dice in modo diretto che, trattandosi di una predicazione nel contesto della celebrazione liturgica, essa “deve essere breve ed evitare di sembrare una conferenza o una lezione” (EG 138). «In ogni caso – spiega ancora don Ruaro -, occorre tenere conto che la durata media dell’attenzione degli ascoltatori è di 7 minuti. Da qui l’importanza di un’introduzione coinvolgente, di un’organizzazione dei contenuti coerente, e di una conclusione efficace».
Il ProgettOmelia per preti e diaconi è nato nel 2013 da un’idea di don Paolo Tomatis, docente di liturgia alla Facoltà teologica di Torino e direttore dell’Ufficio liturgico dell’arcidiocesi subalpina e, in poco tempo, ha coinvolto una quarantina di diocesi in Italia. «Il compito dell’omelia è di essere da un parte aderente alla parola e al contesto della liturgia, quindi in un contesto orante e non di spettacolo, dall’altra di offrire un approfondimento del mistero orientato alla vita. Le attenzioni da avere sono davvero molte», ha affermato don Tomatis in un’intervista su “Avvenire”.
Marta Randon