Giorgia Meloni prima donna e madre presidente del Consiglio. È uno degli elementi che più vengono richiamati e sottolineati all’inizio di questa XIX legislatura nella quale si assiste alla nascita del primo esecutivo guidato dalla Destra. Altro fatto storico da annotare. D’altra parte lo sottolineava lei stessa in campagna elettorale quando dal palco gridava “Sono una donna. Sono una madre. Sono cristiana”.
Subito sono partite le osservazioni e anche le critiche alla leader che ha portato Fratelli d’Italia a essere il primo partito nel Paese. La sua conquista, secondo alcuni, non sarebbe nel solco del femminismo che nei decenni si è battuto per riconoscere la specificità femminile e le pari opportunità alle donne. Il suo traguardo, poi, sarebbe stato conseguito seguendo metodi tipicamente maschili, tanto è vero che il governo che si trova a guidare ha, come i precedenti, un forte tasso di presenza maschile come testimonia la presenza di soli sei ministeri assegnati a una donna su 24 che compongono l’esecutivo.
Forse è tutto vero, ma questo non toglie il fatto che avere una donna premier è e rimane un evento storico per il Paese.
I mesi che seguiranno e i fatti che li caratterizzeranno ci diranno la consistenza di questa novità e la sua capacità e forza di introdurre delle discontinuità di merito e di metodo rispetto al passato politico. Il dato certo è che con Giorgia Meloni oggi viene infranto quel soffitto di cristallo che ha impedito alle donne, nei precedenti 74 anni di vita repubblicana, di accedere alle massime cariche politiche dello Stato. È un fatto inedito che, da qualunque parte lo si guardi, non può che essere salutato positivamente e che porta con sé legittime aspettative.
La scarsa presenza delle donne nella politica italiana (e a dire la verità anche in altri settori cruciali della vita del Paese, Chiesa compresa) è tuttora uno dei fattori che ne impoverisce e indebolisce la vita stessa, perché priva l’Italia dell’apporto originale e insostituibile tipico femminile (quello che papa Giovanni Paolo II chiamava “genio femminile”). Lo sappiamo e ce lo siamo detto più volte: la sensibilità, il modo di porsi di fronte alla realtà, il mondo emotivo e cognitivo delle donne costituisce per una comunità un valore aggiunto fondamentale. Più sono presenti i fattori maschile e femminile più c’è ricchezza e possibilità di sintesi altrimenti non ipotizzabili. E Dio solo sa quanto l’Italia ne abbia bisogno.
Da questo punto di vista c’è da attendersi che Meloni come donna, tra l’altro giovane (45 anni) e madre, porti nella guida del governo delle novità di merito e di metodo. Certo, come abbiamo visto in questo mese post elettorale, le difficoltà non mancheranno innanzitutto proprio nelle relazioni con uomini abituati a comandare e non certo a farsi guidare dal genio femminile. Salvini e Berlusconi, in questo senso, hanno già dato a intendere che comunque non sono disponibili a fare da gregari. A una donna poi! Questa sarà la prima fondamentale prova alla quale sarà sottoposta la neopremier.
Meloni nella sua oramai lunga carriera ha fatto vedere che sa fare politica e non teme i conflitti. Ma anche nella gestione degli inevitabili conflitti (pensiamo con le Opposizioni o con le Parti sociali) lo stile femminile può portare delle novità interessanti. Vedremo quanto la predisposizione verso la cura tipicamente femminile pervaderà l’azione del Capo dell’esecutivo. Certo, poi sarà interessante capire se e quanto la promozione di altre donne in posti di responsabilità sarà una priorità di Giorgia Meloni così che il suo arrivo a Palazzo Chigi non sia frutto della sorte, ma segni effettivamente per l’Italia un cambio di direzione anche su questo versante.