Dal 5 al 9 febbraio i vescovi del Triveneto hanno compiuto la loro Visita ad Limina Apostolorum. I presuli hanno visitato i diversi dicasteri della Curia Romana, la Segreteria di Stato e giovedì 8 febbraio hanno incontrato papa Francesco in un colloquio durato più di due ore. La “visita ad limina” in tempi di comunicazioni e trasporti veloci potrebbe apparire anacronistica se considerata solo nel suo aspetto giuridico e amministrativo, ma sappiamo che essa ha anche un significato spirituale che la rende un’esperienza di pellegrinaggio e di comunione ecclesiale.Ne parliamo con il vescovo Giuliano.
Monsignore, che cosa ha respirato a Roma in questi giorni?
«Aria di novità. Novità nella Curia Romana, che ha intrapreso una riforma piuttosto radicale soprattutto mettendosi in ascolto delle realtà locali e offrendo aiuto. Novità nello stile che papa Francesco ha voluto si instaurasse nell’incontro con lui, molto familiare e diretto: è stata una grande condivisione nella quale si è percepito l’anelito missionario di del Papa e la sua conoscenza di tanti aspetti anche del Nord-est. Novità nell’aver vissuto insieme tra noi 15 vescovi condividendo la preghiera, i pasti, le visite, con molti momenti di scambio: ho avuto modo di conoscere meglio il tratto personale, gli interessi pastorali, la dedizione alla propria chiesa particolare di ciascuno».
Essendo a Vicenza da meno di due anni, Lei non era tenuto a presentare la prescritta relazione sullo stato della Diocesi. Quali ricchezze e fatiche della nostra terra avete illustrato al Santo Padre ?
«Ai vescovi giunti da poco nelle diocesi non è chiesto di consegnare la relazione scritta. Nei diversi incontri ho avuto modo di sottolineare comunque alcuni aspetti della nostra realtà. Il più rilevante è certamente il tempo di grandi cambiamenti che stiamo vivendo, accellerati dalla pandemia. Si può definire un tempo di crisi che ci chiede di “cambiare” molte dimensioni della pastorale. Le comunità cristiane stanno assumendo un volto nuovo, con un’alta richiesta di celebrazioni per i riti di passaggio (vita, crescita, morte) che non sempre si accompagna, però, ad un cammino convinto di fede e di partecipazione attiva alla vita comunitaria. Si avverte la necessità di andare all’essenziale del messaggio cristiano da annunciare con la testimonianza della vita. E c’è pure la necessità di valorizzare tutte le espressioni di dedizione al bene molto presenti nel nostro territorio, anche se non portano l’etichetta cristiana: il volontariato a servizio degli emarginati, l’impegno per la riconciliazione e la pace, la custodia del creato e la consapevolezza delle ferite inferte ad esso, la cura per la vita nel suo sviluppo umano integrale» .
Che cosa può dirci del colloquio con papa Francesco? E’ vero che il papa ha dimostrato di conoscere molto bene la nostra realtà ecclesiale?
«Quello con papa Francesco è stato un incontro molto familiare e straordinariamente incoraggiante. Dopo averci salutati personalmente ci ha fatto prendere posto in cerchio per dialogare schiettamente con lui; e così è stato. Gli abbiamo presentato le sfide più significative che le nostre chiese stanno affrontando e che lui ha mostrato di conoscere. Mi hanno colpito due sue parole: “coraggio” e “discernimento”. Di fronte ad un tempo di grandi trasformazioni culturali e sociali, papa Francesco ci ha incoraggiati a “non avere paura”. Le crisi ci sono sempre state nella storia della Chiesa. Ma non bisogna avere timore: si possono affrontare con il “discernimento”. Cioè lasciandoci guidare dallo Spirito Santo che accompagna la Chiesa fin da suoi inizi. Sono necessarie delle scelte per rinnovare le comunità cristiane e si devono individuare nuove forme di trasmissione gioiosa della fede e del Vangelo. Se ancora non tutto è chiaro, è necessario continuare il cammino insieme a tutto il popolo di Dio invocando lo Spirito Santo. Papa Francesco ci ha richiamato la pagina degli Atti nella quale si descrive la Pentecoste. Gli apostoli prima di ricevere lo Spirito Santo erano intimoriti, raccolti nella loro cerchia. Ma quando è arrivato lo Spirito Santo che ha creato una grande “confusione”, poi sono usciti pieni di coraggio , desiderosi di raggiungere tutti. Abbiamo bisogno di “coraggio” e di “discernimento” anche per rinnovare le nostre strutture. Il Papa non ignora le difficoltà, ma ci ha condiviso una visione piena di speranza» .
Quale parola potrebbe riassumere il compito che il Papa ha consegnato a voi, pastori delle nostre Chiese?
«Direi “vicinanza”. La Chiesa è chiamata a porsi accanto ad ogni uomo e donna per far sperimentare la vicinanza di Gesù morto e risorto che dona vita nuova. Ci ha invitati come vescovi ad essere vicini ai nostri preti, offrendo disponibilità ad incontrarli personalmente. Ha invitato noi e i preti a custodire la vicinanza a Dio con la preghiera e la vita spirituale. Ci ha chiesto di aiutare i preti ad essere “vicini” nel presbiterio, cioè alimentare la fraternità, la cura e la stima degli uni verso gli altri, allontanando critiche e chiacchiere inutili. Ha sottolineato la vicinanza al popolo di Dio, soprattutto verso le persone ferite o in difficoltà. Ci ha parlato della vicinanza ai giovani, imparando il loro linguaggio e valorizzando le loro aspirazioni. Mi ha fatto venire in mente quante volte nel vangelo Gesù si fa prossimo alle persone e si prende cura di loro accompagnandole con discrezione a scoprire l’immenso dono che sono e l’altissima dignità di figlio di Dio che recano impressa».
Oltre che comunione con il successore di Pietro, questi giorni sono stati un’ esperienza di fraternità tra i pastori delle chiese del Triveneto. Si potranno aprire maggiori sinergie e collaborazioni tra Diocesi vicine?
«Questa visita ha rafforzato la comunione tra noi vescovi. Questo è avvenuto celebrando insieme l’Eucaristia e rinnovando la professione di fede presso le tombe degli apostoli Pietro e Paolo. E devo confessare che portando al Signore tutte le persone e realtà della Chiesa di Vicenza ho avvertito nuovamente rivolta anche a me la domanda di Gesù a Pietro: “Mi ami tu più di costoro?”. Una richiesta impegnativa, ma capace di dare un senso a tutta l’esistenza. E con la fragile risposta “Tu sai tutto, Signore, tu sai che ti voglio bene”, accogliere il compito “pasci i miei agnelli”. Con la stessa forza è vibrato l’incontro con papa Francesco. Dio si prende cura di noi, delle nostre comunità e del mondo intero. E dunque la comunione tra noi vescovi non è realtà puramente individuale, è una comunione delle nostre chiese. Certamente dalla condivisione di questi giorni si progredirà nel creare sinergie, sia a livello di tutte le 15 diocesi, sia con alcune diocesi vicine. Gli spazi di collaborazione pastorale sono molti: nell’individuazione di nuove forme di annuncio, di nuove configurazioni delle parrocchie, di promozione dell’attività vocazionale, di sostegno alle famiglie, di progetti di inclusione sociale, di utilizzo dei media e dei social. La regione ecclesiastica ha già un bel cammino e due iniziative: la missione in Thailandia e la Facoltà Teologica sono frutti di questa disponibilità a collaborare» .
La visita ai dicasteri romani aiuta ad aprire gli orizzonti sulla chiesa universale e forse a relativizzare, o almeno riconsiderare, i problemi locali. Quali sono, alla luce di questi giorni, le questioni davvero più urgenti e decisive per la Chiesa da affrontare? Torna a casa con qualche idea nuova o diversa rispetto alla partenza?
«L’incontro che abbiamo vissuto con i dicasteri è stato un tempo di ascolto e confronto sulle nostre realtà. Ma ci hanno anche aiutato a scorgere come affrontare in modo nuovo le grandi sfide pastorali. Ricordo tra tutte la visita al Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale articolato in tre settori: Ascolto-Dialogo (delle gioie e delle speranze, tristezze e angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto), Ricerca-Riflessione (applicazione di molteplici discipline sociali e della dottrina sociale cattolica a queste “tristezze e angosce” come alle “gioie e speranze” per cercare risposta alle sfide), Comunicazione-Restituzione (di risposte pastorali e di proposte concrete alla chiesa locale). Ecologia, economia, migranti e rifugiati, salute e sicurezza, educazione integrale, sono realtà che ci interpellano come credenti e noi siamo chiamati a contribuire con l’ispirazione evangelica ad individuare risposte efficaci insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Su queste grandi sfide contemporanee siamo chiamati anche noi come chiesa vicentina a sperimentare nuovi percorsi soprattutto con un maggiore spazio da riconoscere alle nuove generazioni» .
Roma è Citta Santa. Andiamo verso il Giubileo del 2025. Quale è stato il momento più forte di questa visita ?
«Senza dubbio la mattinata di giovedì con la celebrazione della Messa presso la tomba di San Pietro e il successivo incontro con Papa Francesco. Ho sentito vibrare dentro di me la bellezza della missione che è stata affidata a me e alla chiesa per essere a servizio dell’uomo di oggi così segnato da conquiste e ferite, ma sul cui volto brilla il volto glorioso di Cristo, pienezza di umanità».
Alessio Graziani