La Congregazione dei missionari di San Carlo, con 135 anni di esperienza sul campo (è stata fondata da Scalabrini il 28 novembre 1887), è una delle realtà ecclesiali di maggiore competenza sulle migrazioni, che dalle migrazioni degli italiani di fine ‘800 ha poi abbracciato il fenomeno nella sua globalità.
«L’apertura al mondo della mobilità umana oltre agli italiani all’estero è un fatto recente – racconta padre Sergio Durigon, scalabriniano e delegato vescovile per la Pastorale dei migranti nella Diocesi di Vicenza -. La scelta è maturata negli anni ‘70, durante il capitolo della congregazione in Brasile. Allora la congregazione decise di rivolgere il suo impegno non solo verso gli italiani ma anche verso tutti i rifugiati e i marittimi, cioè coloro che vivono tra navi e porti. All’epoca il fenomeno dei rifugiati era più evidente in Sudafrica e in gran parte del Sudamerica con i “desplaciaos”: Messico, America Centrale, Venezuela, Colombia, Brasile, Paraguay erano i Paesi dove le migrazioni assumevano dimensioni ben più grandi di quelle durante gli anni di Scalabrini».
Insomma, la Congregazione ha avuto la capacità, sull’esempio del suo fondatore, di cogliere un fenomeno di portata storica nel quale «leggere i segni della presenza di Dio – prosegue Durigon -. È questo uno degli elementi di attualità del messaggio di Scalabrini». A contribuire a questa presa di coscienza ci fu anche un altro fattore: «Dentro la congregazione cominciavano a cambiare le etnie di appartenenza. Gli stessi migranti volevano mettersi a servizio degli scalabriniani. Io stesso porto un cognome veneto ma sono brasiliano, discendente di migranti».
«L’incontro di etnie, l’incontro tra culture, l’arricchimento demografico che proviene dalle migrazioni sono tutti segni dell’amore di Dio – prosegue Durigon -. Anche per questo è necessario collaborare con chi lavora nel mondo delle migrazioni. Gli scalabriniani non hanno mai fatto da soli, si sono sempre messi in rete con altri. Anche così è stato possibile intervenire proponendo leggi per regolare il fenomeno migratorio». Fin da subito, infatti, l’attenzione di Scalabrini era rivolta al mondo del lavoro, a combattere le ingiustizie sociali, a scongiurare lo sfruttamento. «Tutti temi di grande attualità, puntualizza Durigon -. Papa Francesco, in un mondo in cui si vivono gravi conflitti, anche sociali, ha voluto proclamare Scalabrini padre di tutti i migranti. È un dono per la Chiesa, ma anche per la società Scalabrini va ben al di là della nostra famiglia religiosa. È qualcuno al quale ci si può ispirare perché si è lasciato toccare dalla realtà che ha visto, ha intuito che poteva fare qualcosa e si è dato da fare».