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Steccanella: «Nelle comunità pensiamo a fare e poco ad ascoltare»

La teologa dal 7 febbraio al 28 marzo, al Centro "Onisto", condurrà il corso formativo "Ascolto attivo nella pastorale": «Noi laici verso i preti, e viceversa, abbiamo una precomprensione».
di Marta Randon

«Pensiamo troppo a fare, piuttosto che ad ascoltare. Forse dirò qualcosa di impopolare, ma tutti gli organismi di partecipazione, i consigli pastorali, il consiglio affari economici, i gruppi catechisti, i gruppi giovani, tutte quelle realtà in cui noi cristiani ci mettiamo insieme per pensare a come vivere l’azione pastorale sono sbilanciati su quello che bisogna fare. Non dedichiamo tempo a capire di che cosa ha bisogno davvero il territorio». Ne è convinta la teologa Assunta Steccanella che dal 7 febbraio al 28 marzo, conduce al Centro diocesano “Onisto” (orario 20.30-22) il percorso “Ascolto attivo nella dinamica della fede e nel discernimento pastorale”. Otto lunedì consecutivi organizzati dalla Formazione permanente del clero, aperta a sacerdoti, diaconi e laici. Abbiamo raggiunto telefonicamente la pro-direttrice del ciclo di licenza della facoltà Teologica del Triveneto e docente nella stessa Facoltà e nell’Istituto superiore di Scienze religiose di Vicenza per approfondire il tema.

Steccanella che cosa si intende per ascolto attivo?

«Ascolto attivo è qualcosa che va oltre il semplice udire. È una disposizione con la quale ci si apre all’altro. Quello che comunica chi mi sta di fronte mi deve raggiungere veramente, io devo consentire che possa trasformarmi. Nei rapporti umani vale la stessa dinamica della fede che, come dice San Paolo, nasce dall’ascolto. Io ascolto la Parola, e devo lasciare che mi trasformi per vivere la relazione con Dio e con i fratelli. L’ascolto attivo è quindi relazionale, bisogna far percepire all’interlocutore che lo si sta ascoltando davvero, rispecchiando quello che dice in modo che il dialogo diventi autentico».

Nelle parrocchie si ascolta poco e  male?

«Ho scritto il libretto “Ascolto attivo nella dimamica della fede e nel discernimento pastorale” (che verrà usato come testo del corso ndr) proprio perché ho avuto la percezione che l’ascolto autentico non è così diffuso nelle nostre realtà. Le persone che ascoltano sono molte, ma manca la strutturazione delle comunità come luoghi di ascolto».

In che senso manca la strutturazione delle comunità come luoghi d’ascolto?

«Tendiamo a dare grande valore all’annuncio attivo. Siamo concentrati nel dire, nel proclamare – che è fondamentale – ma non basta. L’annuncio rischia di cadere nel vuoto se non si radica su un previo ascolto. Sono necessarie cura e attenzione alle domande che arrivano dal territorio. Nelle realtà parrocchiali si pensa sempre a fare tante cose, ci si rende conto che bisogna cambiare perché le cose non funzionano, ma sempre di fretta senza, appunto, un ascolto attivo».

È un “problema” di comunicazione tra preti e laici e viceversa?

«Noi laici verso i preti ,e viceversa, abbiamo una precomprensione, in generale il laicato pensa che l’azione pastorale sia del prete, quindi delega e critica senza assumersi la responsabilità. Il prete dall’altro lato è stato formato a fare tutto.  Molti sacerdoti vivono meno l’essenza del loro essere: valorizzare i carismi di quelli che hanno intorno, far sì che le persone esprimano nel modo migliore il loro essere battezzati. In poche parole non ci si ascolta a vicenda».

Non è così facile. Come si imparara ad ascoltare attivamente? Ha qualche consiglio pratico? 

«Per ascoltare attivamente serve esercizio. Non basta un atto di buona volontà. Si impara gradualmente attraverso delle concrete esperienze di ascolto. Come in famiglia: quando ci si relaziona nel modo sbagliato con il figlio adolescente. Siamo convinti di dirgli le cose giuste, ma lui non è in grado di accoglierle. Non lo stiamo ascoltando e quindi non comunichiamo. Durante il corso di formazione darò anche dei consigli pratici: ripetere quello che ha detto il mio interlocutore, guardarlo negli occhi, prendersi del tempo, non avere distrazioni, ad esempio il cellulare acceso. Come comunità bisogna invece imparare a vivere processi di discernimento che aiutano ad entrare nella dinamica giusta».

È il Papa che ce lo chiede…

«Esatto. Francesco ha detto: “Una chiesa sinodale è una chiesa dell’ascolto”. Dobbiamo riflettere insieme, preti e laici. È necessario  partire dalla base: dobbiamo riconoscere nell’altro un figlio di Dio proprio come noi. L’altro è un bene in se stesso. Poi può essere cattivo, maleducato, ma la nostra predisposizione iniziale deve sempre essere aperta a scoprire il positivo, a imparare qualcosa.Prima di questo devo però mettermi in ascolto di me stesso come persona singola, come Chiesa, come comunità parrocchiale, come gruppo giovani. Devo riflettere  sulle mie attese e sulle mie precomprensioni».

Si può partecipare al corso in presenza (con greenpass) e tramite il canale Youtube della Diocesi. (Info e prenotazioni 0444.226556, pastorale@vicenza.chiesacattolica.it)

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