Nove religiosi in tre comunità. È la presenza in Guatemala della Pia Società di San Gaetano, la congregazione fondata dal venerabile don Ottorino Zanon. In terra guatemalteca da più di 50 anni i religiosi della congregazione vicentina hanno condiviso, negli anni, le sofferenze di queste popolazioni.
In queste settimane sono a Vicenza alcuni di questi missionari per un corso. Li abbiamo incontrati nella Casa Madre in via Stradella Mora a Vicenza per conoscere dal loro racconto la situazione di quelle comunità e il servizio che svolge la Chiesa. Sono don Vittorio Gonella in servizio a Estanzuela, paese di 12mila abitanti a 140 chilometri dalla capitale. Originario di Altissimo, don Vittorino è in Guatemala da 25 anni; don Piero Martinello in servizio nella parrocchia di S. Gaetano nella capitale ed è impegnato anche nel tribunale ecclesiastico come vicario giudiziale aggiunto. Originario di Cividale del Friuli vive in Centroamerica da 16 anni. C’è quindi il diacono Beppino Creazza, presente da 32 anni in quelle comunità, oggi è in servizio sempre nella capitale ma nella parrocchia di La Verbena.

Un popolo provato
Dal racconto dei tre religiosi emerge il profilo di un popolo provato per diversi motivi: ambientali, economici, sociali, politici. «Dal punto di vista ambientale – ci dice don Gonella – pesano i danni causati recentemente dal vulcano del Fuego (quasi 3800 metri di altezza, a 50 chilometri a est della capitale ndr); sono notevoli poi i danni che nel passato abbiamo avuto per terremoti e inondazioni». «Dal punto di vista sociale – prosegue il diacono Beppino – c’è una situazione di violenza diffusa coni maras,bande di giovani teppisti che rubano e uccidono. La vita qui, in molti territori, non conta nulla. Questa situazione è dovuta anche alla grande povertà in cui molti si trovano e a molte situazioni familiari disordinate».
Oltre a tutto questo il Guatemala soffre anche il problema migranti. Arrivano soprattutto dal Sud America (soprattutto Honduras, ed El Salvador) e tentano di attraversare il Guatemala per andare in Messico e Stati Uniti. «Tanti non arrivano in Messico e si perdono».
Politica debole
Infine c’è una situazione politica molto precaria. «L’attuale presidente Immy Morales (eletto nel 2015 ndr) non ha capacità ed è molto debole – spiega don Piero -. Il presidente e la vicepresidente precedenti sono in carcere per corruzione, qui molto forte e diffusa in particolare tra le autorità. La gente nel 2015 ha voluto cambiare e ha eletto questo uomo che prima faceva televisione ed è senza esperienza. Anche per questo – continua il religioso – è eterodiretto da un gruppo di militari. In Guatemala non c’è un governo militare, ma i militari influiscono molto sull’esecutivo».
Per quanto riguarda la Chiesa quella del Guatemala «è una chiesa martire, oggi tollerata da un governo anticlericale». «In particolare negli anni ’70 – ’80 la chiesa guatemalteca ha pagato – ricorda il diacono Creazza – un prezzo pesante in termini di vite umane».
Tra i tanti martiri i tre religiosi ricordano anche il francescano vicentino originario di Lapio p. Tullio Maruzzo e il suo autista e catechista Luis Obdulio Arroyo Navarro.
Terra violenta
«Oggi – evidenzia don Martinello – non c’è più la violenza che c’era prima nei confronti della Chiesa, ma c’è comunque una violenza diffusa. La Chiesa sta vicino ai poveri e cerca di aiutarli». Si capisce che vorrebbero i loro vescovi più corraggiosi. «La Conferenza episcopale – racconta don Gonella – ogni tanto manda una lettera informando della situazione locale e alza e la voce, ma non c’è un atteggiamento molto forte che provochi un cambiamento. C’è paura. L’impressione è che hanno paura di gridare troppo e che accada qualcosa contro la Chiesa. Allora galleggiano».
«C’è poi il problema degli evangelici protestanti e delle loro sette – aggiunge don Martinello – ». Un elemento di interesse è rappresentato «da alcune persone morte martiri per le quali si è iniziato il processo di beatificazione. Queste figure possono rappresentare un riferimento e uno stimolo importanti per queste comunità. Uno di questi è p. Maruzzo che sarà beatificato prossimo ottobre. Il suo problema è di essere italiano, francescano e di un paese (nella cittadina di Morales, nel distretto di Izabal ndr) lontano dalla capitale».
I martiri, in ogni caso, sono centinaia: molti catechisti, molti delegati della Parola, molti laici specialmente nell’interno. «Durante la guerriglia – racconta don Creazza – venivano distrutti villaggi, ammazzata gente solo perché aveva la Bibbia latino americana. Hanno ucciso anche ragazzini. Chiudevano villaggi interi dentro una chiesa e davano fuoco. Abbiamo avuto governi che hanno cacciato via arcivescovi, i preti stranieri e i religiosi stranieri».
Una goccia nel mare
«I giovani – spiega quindi il diacono Beppino che segue anche la pastorale giovanile – è una realtà difficile. Nella mia parrocchia ci sono 60mila abitanti con 15mila giovani tra i 10 e i 18 anni. Ma i giovani vivono sulla strada e c’è solo una scuola elementare. C’è l’assenza totale dello Stato e il rischio reale che questi giovani si mettano a rubare, a spacciare droga». «Il lavoro che stiamo facendo – è consapevole Creazza – è una goccia nel mare dei bisogni di questa parrocchia». Sono riusciti a costituire con molta fatica un gruppo di giovani con una trentina di adolescenti e «abbiamo promosso attività sportive, gli scout, un gruppo di danza». Tra i segnali di speranza ci sono i sei giovani che frequentano il seminario e i due in Propedeutico.
«Il cristianesimo in Guatemala – conclude don Martinello – si è salvato e si è diffuso con il gruppo di laici che facevano delle associazioni, las hermandades». Uno dei punti di forza della chiesa locale è infatti la religiosità popolare molto presente. Las hermandadessono composte da laici che organizzano le processioni. «Quando parliamo di processioni – spiega il Creazza – teniamo conto che una di queste associazioni può avere 8-10mila associati che pagano per esserci. Una processione dunque può coinvolgere migliaia di persone.
Commenta