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Verso le elezioni/2. Chiara Tintori: «Il taglio dei parlamentari? Un azzardo»

Una seduta comune delle due camere del Parlamento.
di Lauro Paoletto

Tra slogan e promesse non è facile cogliere le questioni centrali per il futuro del Paese. Abbiamo provato a riepilogarle con Chiara Tintori, politologa e saggista che interverrà sabato 17 settembre alle 16 al convegno promosso dal nostro settimanale su “Cattolici (e non). La sfida del voto”.

Professoressa, partiamo dalle diseguaglianze in Italia. Che risposte ci si può attendere dalla politica?

«Da quello che emerge non mi sembra ci sia al riguardo una forte tensione da parte delle coalizioni in campo. Al di là degli slogan è difficile entrare nel merito delle proposte, anche perché non vengono mai indicate le coperture finanziarie. Vedo il rischio di soluzioni assistenzialistiche: sembra una competizione elettorale più verso una democrazia fondata sui sussidi che non su un reale contrasto alle diseguaglianze ».

In questo senso il reddito di cittadinanza può rimanere uno strumento per incidere in tale direzione?

«Premesso che rifuggo dall’idea che chiunque salga al governo debba per forza cancellare quello che è stato fatto prima, le riforme serie hanno bisogno di avere un’efficacia di lungo periodo. Anche con il reddito di cittadinanza è stato un volere ripartire da zero, quando in realtà c’era il reddito di inclusione fatto dal governo Gentiloni nel 2018. Uno strumento simile è necessario, ma così com’è si è rivelato inefficace per aumentare l’occupazione. È utile, ma non deve essere ideologizzato».

Chiara Tintori, politologa.

La questione economica sembra dominare il dibattito preelettorale. Quanto sarà decisiva?

«Sarà decisiva sopratutto per il dopo. Lo stesso Fratelli d’Italia comincia a mettere le mani avanti, ipotizzando collaborazioni più ampie. Tra l’altro è curioso che questo appello venga proprio da chi non ha sostenuto il Governo Draghi! Nei prossimi mesi affronteremo una gravissima situazione socio-economica, assieme alle crisi climatiche e sanitarie. La realtà dunque resta molto complessa. E purtroppo molte questioni rilevanti vengono usate in modo strumentale in stile populistico, per aizzare gli elettori speculando sui loro problemi e sulle loro paure».

Quanto la politica estera sarà un discrimine per gli scenari futuri?

«È sconcertante lo stile superficiale con cui vengono affrontate le questioni di politica estera. Al di là dell’alleanza atlantica, che davvero spero sia condivisa da tutte le forze, sulla partecipazione dell’Italia a un progetto comune europeo vedo differenze sostanziali. Non basta dire ‘una volta che saremo al governo sarà finita la pacchia’, quasi a dire che poi mettiamo a posto le cose noi… Ma la Destra che si candida a guidare il Paese, che idea ha di Ue? Che cosa vuol dire continuare a pensare che l’interesse nazionale e quindi anche il diritto nazionale possa avere la meglio su quello comunitario? Sono domande sostanziali».

La legge elettorale può avere effetti distorsivi?

«Assolutamente sì! Questo è il dato di partenza. Il taglio dei parlamentari senza adeguati correttivi è stato non solo un brutto scivolone, ma un vero azzardo istituzionale. Questa legge elettorale così com’è, questo ibrido tra proporzionale e maggioritario senza possibilità di scelta per gli elettori è un dato di partenza penalizzante sia nello stile della partecipazione sia nell’esito».