Don Giuseppe Pellizzaro, moralista, è stato nominato di recente direttore dell’ufficio diocesano per la pastorale della salute, succedendo a don Aldo De Toni. «L’ufficio è nato in seguito alla lettera apostolica Salvifici doloris che Giovanni Paolo II ha scritto nel 1984 – spiega Pellizzaro -. La Chiesa è da sempre attenta alla sofferenza e alla debolezza. Prendiamo il Vangelo di Marco: il 40% del testo riporta episodi in cui Gesù si china sui malati».
Negli anni, questa attenzione si è sviluppata in modi differenti. «Un tempo era la comunità a seguire i malati, poi sono subentrati gli ospedali civili, all’interno dei quali si svolgeva anche l’assistenza spirituale, per cui le comunità hanno un po’ “perso” la dimensione di accompagnamento dei malati». Ora, però, tutto sta cambiando di nuovo. «Negli ospedali si svolge essenzialmente la cura, i malati vengono velocemente riportati nel territorio: questa è la sfida di oggi». Sfida che si gioca su due fronti. «Negli ospedali – spiega Pellizzaro – va promossa una “medicina dal volto umano”. Il malato vive un momento cruciale della sua vita e pertanto esiste una pastorale all’interno dell’ospedale che va oltre l’amministrazione dei sacramenti. Vanno ascoltati dubbi, paure, speranze e, soprattutto, va fatto capire che il malato non è inutile: La sua condizione, infatti, è un “ministero”, perché ci aiuta a comprendere il senso del limite e suscita sentimenti di umanità».
Il secondo fronte, invece, è quello che pone gli interrogativi maggiori: «La dimissione dei malati che problemi crea nel territorio, specie in situazioni di isolamento delle famiglie? Le comunità cristiane, come rimettono al centro questa attenzione ai malati? Se la speranza di vita è maggiore, come si arriva al momento della morte?». Interrogativi ai quali don Giuseppe e la commissione per la pastorale della salute cercheranno di rispondere, forti del lavoro svolto in questi anni e delle numerose esperienze presenti nel territorio. «Da questo punto di vista, la ricchezza è grande – commenta don Pellizzaro -. Vanno coordinate esperienze che vanno dai professionisti, agli ordini religiosi, ai volontari, fino ai ministri dell’eucarestia. In ogni ospedale e struttura di assistenza, inoltre, esiste un consiglio pastorale».
C’è un’altra grande sfida, però, di tipo educativo. «Siamo di fronte a grandi sfide, basti pensare a tutto quello che riguarda il fine vita – spiega don Giuseppe -. La comunità cristiana va educata a riconoscere quanto di buono sta venendo avanti e quanto c’è di problematico. Proprio perché tutta la Chiesa deve esprimere attenzione a chi soffre. Un momento di sensibilizzazione sarà certamente la giornata del malato, il prossimo 11 febbraio».
Commenta