L’anima di Maria è sommersa nell’amarezza di Gesù, ma la luce del viso del Figlio le dà forza.
La tradizione iconografica legata alla Veronica e al suo prezioso Velo è antica e colta. Pure Dante e Petrarca, infatti, fanno menzione del Velo della Veronica, anche se i Vangeli parlano soltanto di una donna anonima miracolosamente guarita toccando la veste di Gesù durante l’ascesa al Calvario. Nella maggior parte delle opere d’arte dedicate al soggetto, il Velo è aperto, steso nelle mani della Veronica e, spesso, ne è già impressa l’immagine del volto del Salvatore. Un’immagine, quindi, chiara e didascalica. Nella tela del Museo Diocesano, invece, il pittore sceglie di raffigurare una donna del popolo fattasi strada tra la folla che si avvicina a Cristo per asciugargli il sangue sul volto esanime. Il Velo è stretto, appallottolato nella mano destra allungata verso il volto di Gesù; in effetti tutta la figura della Veronica è sbilanciata nell’andare incontro al Figlio di Dio tanto da non vedersi nemmeno il suo viso.
Le due teste, quelle della Veronica e di Cristo, si sfiorano: da una parte un’immagine femminile di caparbietà , sottolineata dalla chioma fulva, che nemmeno i soldati alle sue spalle riescono a far indietreggiare e, dall’altra, la personificazione della fatica che, nonostante il dolore, si fa incontro alla donna. Il muto colloquio è sottolineato proprio dall’accostarsi delle due fronti che segnano la forza dell’opera di Rangoni. Le fughe prospettiche del dipinto, date dal cordolo del marciapiede e dalla traversa della croce sulle spalle di Gesù, accompagnano lo spettatore nell’incedere della Veronica verso destra, verso Cristo. In fondo, nell’immagine dell’artista, si tratta di un cammino che stiamo facendo anche noi, insieme a lei, alla Veronica.
Un gesto di bontà femminile in quel cammino di dolore: con un asciugamano in mano, una donna si getta da Gesù per detergergli il volto. Non si fa contagiare dalla brutalità dei soldati che sono lì presenti: uno ha la bocca che è una smorfia di cattiveria, tetro nel viso, una ferocia sottolineata da quel volto nero che lo fa sembrare senz’anima; l’altro è lì e la sta sgridando, stizzito. È una donna buona che, in quella tragedia, ha il coraggio di fare un gesto di delicatezza, di attenzione: asciugare un volto percorso dal sangue che cola dalle spine conficcate, imbrattato dagli sputi dei soldati. Vede questo volto sfigurato e segnato dal dolore e spinta dall’amore va a dargli un sorso di gentilezza. Sono irritanti il braccio e la mano neri del soldato, che la sta violentemente staccando dal gesto di un animo delicato.
Veronica ha un coraggio intrepido: esce allo scoperto, tenendo accesa la lampada dell’umanità e asciuga il Volto… e si ritroverà il Volto del Salvatore sul suo panno! Quella donna ci è di esempio: quante persone oggi sono senza volto, lo hanno sfigurato perché sono spinte ai margini della vita, abbandonate al ciglio delle strade del mondo, scartate dall’indifferenza che uccide. Donne e uomini senza volto, se non quello del dolore, volti che noi indifferenti neppure notiamo. Quanta gente con i volti disperati sono ai bordi delle nostre strade e semplicemente ci infastidiscono!
Veronica non appare nei Vangeli. Il suo nome non è menzionato. Eppure è la donna che si è fatta largo tra la folla, ha vinto la resistenza delle guardie. È una donna qualsiasi, che per quell’atto furtivo, compiuto nei confronti del condannato, è straordinaria. È immagine di tutte quelle donne che da sole vincono le tante sfide della vita in tante parti del mondo; di quelle donne che sanno trasformare il dolore in vita. Veronica ci ricorda che gli atti d’amore, anche i più semplici, non passano. Ogni gesto di bontà , di comprensione, di servizio, lascia nel cuore dell’uomo un segno indelebile, come Gesù ha lasciato il suo Volto nel suo velo. Al centro del quadro ricompaiono i putti della Carità , a ricordarci che quel gesto è segno di un amore gratuito che rischia molto per espletarsi. Quel gesto di poco conto (asciugare un volto sfigurato), è un segno d’amore che imprime nel cuore la vera immagine di Gesù.