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Nominati i direttori generali delle Ulss venete. Nel Vicentino resta Bramezza e arriva Simionato.

Il Presidente della Regione, Luca Zaia, ha nominato i Direttori Generali che guideranno le Aziende Sanitarie del Veneto per il prossimo biennio. I manager erano a suo tempo stati ingaggiati con un contratto triennale che sarebbe scaduto il 28 febbraio prossimo e rimarranno quindi in carica fino ai primi di marzo 2026.

Il Governatore ha confermato per il prossimo biennio tutti i manager in carica, effettuando però alcuni spostamenti sul territorio, “con il solo scopo – ha detto – di migliorare ulteriormente la performance complessiva che negli scorsi tre difficilissimi anni è stata comunque foriera di grandi risultati”.

“Per prorogare gli incarichi – ha precisato Zaia – abbiamo fatto un approfondito lavoro di verifica e analisi dei risultati ottenuti, per il quale ringrazio l’Assessore Manuela Lanzarin e il Direttore Generale Regionale della Sanità Massimo Annicchiarico. Questa squadra di Dg – ha aggiunto – rappresenta una sorta di magic team, che ha combattuto in trincea durante la Pandemia, che ha gestito situazioni al limite della gestibilità, che ha affrontato con già ottimi risultati l’arretrato di 500 mila prestazioni che si era creato a causa del Covid, gestendo molto bene anche il fattore umano, sia rispetto al personale, che non ringrazieremo mai abbastanza, sia verso i cittadini. La promozione, e quindi la riconferma, sta nei numeri, perché, nonostante mille difficoltà, a cominciare dalla carenza nazionale di medici e infermieri, tutti i parametri di produttività sono vistosamente cresciuti”.

Ecco le nomine:

GIUSEPPE DAL BEN– DG Azienda Ospedale Università di Padova e Commissario dell’Ulss 1 Dolomiti fino al prossimo maggio, salvo proroga (Dal Ben fu nominato a Belluno dopo la scomparsa della compianta Direttrice Maria Grazia Carraro) – confermato.

FRANCESCO BENAZZI – Ulss 2 Marca Trevigiana – confermato.

EDGARDO CONTATO – Ulss 3 Serenissima – confermato.

MAURO FILIPPI – Ulss 4 Veneto Orientale – confermato.

PIETRO GIRARDI – Ulss 5 Polesana (era Direttore Generale dell’Ulss 9 Scaligera)

PAOLO FORTUNA – Ulss 6 Euganea – confermato.

CARLO BRAMEZZA – Ulss 7 Pedemontana – confermato.

PATRIZIA SIMIONATO – Ulss 8 Berica (era DG della 5 Polesana)

PATRIZA BENINI – Ulss 9 Scaligera (era DG dell’Istituto Oncologico Veneto)

CALLISTO BRAVI – Aoui Verona – confermato

MARIA GIUSEPPINA BONAVINA – Istituto Oncologico Veneto (era DG della 8 Berica)

ROBERTO TONIOLO – Azienda Zero – confermato.

Augurando buon lavoro ai Direttori incaricati, Zaia ha anche voluto elencare gli ottimi risultati raggiunti.

“Nel 2023 – ha detto – sono stati gestiti 640 mila ricoveri (più 4% rispetto al 2022); eseguiti 488 mila interventi chirurgici (più 4%); erogate 10 milioni 389 mila prestazioni ambulatoriali (più 4%); gestiti 1 milione 839 mila 778 accessi ai Pronto Soccorso per adulti (più 3%); assistiti in pronto Soccorso Pediatrico 244.461 bambini (più 7%); il Suem 118 ha effettuato 479 mila 993 missioni (più 8%); sono stati eseguiti 960 trapianti”.

Per quanto riguarda il Personale, Zaia ha riferito che, sempre nel 2023, ci sono stati 3 mila 834 assunti, dei quali 937 medici e dirigenti, 1.582 infermieri professionali, 826 Operatori Sociosanitari, 463 amministrativi. I Concorsi completati sono stati ben 131.

Il valzer della sanità veneta

La Regione si prepara a rinnovare i vertici delle 9 Ulss Venete, costituite con la riforma della sanità regionale approvata dal 2016 e divenuta operativa l’anno successivo. Il rinnovo riguarderà anche l’Azienda Zero, le Aziende ospedaliere di Padova e Verona e l’Istituto Oncologico Veneto. A Vicenza i nuovi direttori (o direttrici) che arriveranno saranno due: per l’Ulss 7 Pedemontana (nata dallincorporazione dell’Ulss 4 Alto Vicentino nell’Ulss 3 di Bassano) e per l’Ulss 8 Berica (nata dall’incorporazione dell’Ulss 5 Ovest Vicentino nell’Ulss 6 di Vicenza). Il provvedimento che ha avviato le procedure di selezione è stato pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione Veneto la scorsa estate e successivamente si è costituita la commissione che valuterà i candidati. Quelli attualmente in carica sono stati nominati nel 2021, con un mandato valido per tre anni, con una possibilità di proroga di altri due. L’avvio della procedura di selezione potrebbe, quindi, dare un generale turnover ai manager della sanità pubblica veneta. Sulla quale, va’ detto, qualche punto di domanda c’è.

Gli ultimi anni sono stati segnati dalla pandemia da Covid-19, che ha condizionato tutta la struttura, generando un’importante arretrato di visite e diagnosi, aggravato dalla carenza di personale medico, ospedaliero e di medicina generale nel territorio. A monte, però, ci sono state la riorganizzazione ospedaliera e la già citata riforma delle Ulss, che in qualche modo hanno “rivoluzionato” la sanità veneta. In positivo o in negativo? Secondo Daniela Carraro, ultima direttrice generale dell’Ulss 4 Alto Vicentino, un primo problema sta nel fatto che «mentre per le Ulss è stata fatta una riforma quadro, per gli ospedali si sono susseguiti vari atti di programmazione, ma non c’è stato un intervento legislativo organico, per cui sono rimaste diverse incongruenze, come il mantenimento degli ospedali di Cittadella e Camposampiero, a pochi chilometri di distanza, ma non quelli di Schio e di Thiene». Per quanto riguarda la riforma delle Ulss, invece, «gli obiettivi che si era data non sono stati raggiunti. Se 21 Ulss erano dispersive sul piano delle catene decisionali, avevano anche il grosso peccato di mettere sullo stesso piano Ulss di dimensioni diverse e con problemi diversi – prosegue Carraro -. La riforma aveva l’obiettivo di ridurre le disomogeneità, i centri decisionali e il numero di direttori generali. Le Ulss sono state accorpate, ma le disomogeneità sono rimaste. Anche perché, spesso, ad assumere una posizione dominante sono stati i capoluoghi di provincia, che però non sempre vantavano il servizio meglio organizzato».

Inoltre, è completamente cambiato il rapporto delle dirigenze Ulss con il territorio. «Con la riforma delle Ulss, i sindaci sono stati completamente esautorati dalle scelte sanitarie del territorio». A dirlo è Valter Orsi, sindaco di Schio dal 2014 fino alle elezioni del prossimo giugno. «In precedenza – prosegue Orsi – avevamo un ruolo consultivo, di indirizzo e di controllo tramite la Conferenza dei sindaci. Ora le uniche competenze che ci sono rimaste riguardano il settore socio-sanitario, relative a quei servizi che come Comuni co-finanziamo e che sono rivolti ad anziani e disabili. La riforma ha tracciato una linea netta: sulla sanità, come sindaci, non abbiamo nessuna voce in capitolo diretta».

Nel Vicentino, si diceva, a differenza di altre province il territorio è diviso in due Ulss. «L’ottica di avere due Ulss in provincia avrebbe dovuto significare un migliore allineamento dei servizi in tutto il territorio di competenza – spiega Orsi -. All’inizio non è stato per niente così, perché c’è stata una grande preponderanza di attenzione nei confronti del bassanese». Le manifestazioni di protesta non sono mancate, con i sindaci dell’Alto Vicentino in testa ai cortei. «Le cose sono cambiate con il Covid – continua Orsi -. Con l’ospedale di Santorso come Hub di riferimento per la pandemia, Zaia si è impegnato a ricambiare lo sforzo e a riequilibrare la situazione». Tutto questo, conclude Orsi, «ci ha spinti ad entrare in un’altra dimensione: se prima, come sindaci, partecipavamo alle decisioni, oggi abbiamo costruire un rapporto diverso con i direttori generali e i loro staff».

Anche perché, riforma o non riforma, i sindaci rimangono il principale punto di contatto dei cittadini con le istituzioni sanitarie. E oggi, uno dei problemi per i quali si fermano i sindaci per strada e si firmano petizioni, è la grave carenza di medici di base. «Per sopperire alla mancanza cronica di medici di base la Regione ha scelto di aumentare il numero di pazienti. Ma le caselle sono già complete – riferisce Orsi -. Ci ritroviamo di fronte a professionisti che non possono svolgere il loro ruolo nella maniera alla quale era abituata la mia generazione. Ma è una cultura che non va persa quella del contatto tra il medico e il paziente. Da quello che ci dicono in Regione, con l’arrivo di nuovi laureati si dovrebbe sopperire alla carenza». Daniela Carraro affronta il problema da un punto di vista diverso. «Per sapere se i medici di base sono pochi o tanti – è il suo ragionamento – dobbiamo sapere cosa fanno. Vanno tolte incombenze burocratiche eccessive e introdotti strumenti veloci di relazione con i colleghi. Inoltre nelle medicine di gruppo va inserito personale di segreteria efficace. A livello ospedaliero, la domanda è la stessa: per sapere se i medici sono tanti o pochi, dobbiamo sapere cosa fanno. In Italia tra tecnici, infermieri, ostetriche e altre figure specializzate potrebbero essere svolte mansioni che attualmente sono in carico ai medici, per impostazione normativa e culturale. All’estero le cose non molto diverse. Ricordo la visita ad un pronto soccorso inglese gestito esclusivamente da infermieri. Quindi: abbiamo pochi medici o non siamo riusciti a riorganizzare il lavoro? Secondo me non siamo riusciti».

Andrea Frison

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