Siamo in piena ripresa. Lo si legge da più parti. Lo dicono gli indicatori economici. Lo testimoniano gli imprenditori. Lo confermano i mercati interni e internazionali. Eppure sul Paese (e sull’Europa intera) continua a soffiare una brezza fredda.
Questa non è però portata da quello che i metereologi chiamano un “fronte freddo” in discesa che, magari, annuncia nuova neve. Questa aria pungente si presenta piuttosto come il risultato dell’incrocio di una costante arrabbiatura di una parte consistente di popolazione con la rassegnazione di un’altra parte di persone.
Non importa le cause dell’arrabbiatura o della rassegnazione (certo le più varie e diverse). Quello che conta è il vissuto che accomuna molte italiane e molti italiani (e molti europei). E i mesi che abbiamo di fronte non sono i più idonei per superare questo sentire diffuso. La campagna elettorale che ci porta all’appuntamento del 4 marzo sembra fatta apposta per trovare in queste due narrazioni popolari (arrabbiatura e rassegnazione) alimento per i propri fuochi obbligatoriamente polemici.
Le cause di questi sentimenti, dicevamo, sono sicuramente molto diverse. Ma c’è un tratto culturale che può in buona parte rendere ragione di una percezione negativa nonostante l’economica ricominci finalmente a tirare. Non occorre essere degli analisti sopraffini, infatti, per riconoscere nell’individualismo “la sciabolata fredda” che da origine a quest’aria gelida.
Il prevalere persistente dell’“ognuno per se” ha creato un clima spesso di sfiducia, diffidenza, chiusura rispetto all’altro (tanto più se questo è molto diverso da noi). È questa l’origine di quella che papa Francesco chiama «la globalizzazione dell’indifferenza che ci rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto».
Se non si riesce ad aprire le porte e le finestre all’altro, l’impressione è che questo fronte freddo non passerà tanto facilmente. Anzi.
Ecco allora l’urgenza di promuovere segni, azioni, iniziative, progetti che creino relazioni, che facciano cogliere il valore e la bellezza del “Noi”. Al freddo dell’individualismo si risponde con il calore della comunità, del farci carico l’uno dell’altro, del renderci conto che il mio futuro è (che mi piaccia o no) legato a quello di tante altre donne e uomini, del rilanciare il “Io mi preoccupo” (I care) fortemente sostenuto da don Milani.
Al freddo dell’individualismo si risponde con il calore della comunità
Fortunamente nella quotidianità possiamo scorgere molti segni di apertura e gratuità di persone (sopratutto giovani) che credono sia possibile ripartire dal “noi” e far tornare il sole. È l’augurio migliore che ci facciamo per questo 2018.