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Home Interviste

Padre Ronchi: «Innamoriamoci della nostra terra, così ne avremo cura»

15 Aprile 2021
in Interviste
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Padre Ronchi: «Innamoriamoci della nostra terra, così ne avremo cura»

Padre Ermes Ronchi

Spegniamo le luci, chiudiamo l’acqua che scorre senza motivo, evitiamo di acquistare prodotti che attraversano gli oceani. «Il cambiamento parte da come e quando decidiamo di aprire il portafoglio» dice padre Ermes Ronchi parlando di buone pratiche, sostenibilità, cura dell’ambiente in occasione della Giornata mondiale della terra del 22 aprile dal titolo “Restore Our Earth” (Risanare la nostra terra).  L’abbiamo raggiunto al telefono e le sue parole suonano terribilmente semplici, talmente ragionevoli che, posata la cornetta, credi davvero di poter fare parte del cambiamento. Sulla scia della “Laudato si'” il presidente dell’associazione “Casa dei sentieri e dell’ecologia integrale” di Isola Vicentina insiste sulla forza del “fare insieme”, dell’innamorarci di quello che ci sta attorno: «Solo così possiamo davvero prendercene cura», sottolinea, contro il possesso, il consumismo, le multinazionali.

Padre, crede davvero che tutti abbiano il potere di “risanare la nostra terra”?

«Dobbiamo cominciare a fare la nostra piccola parte. Non possiamo risanarla o guarirla, ma possiamo prendercene cura, accudirla in modo mite e determinato. Se non ci prendiamo cura di una persona significa che non le vogliamo bene. Dobbiamo quindi partire dall’innamoramento della realtà, del prossimo, che è tutto ciò che vive, tutto ciò che condivide la vita con noi. Ci vogliono contemplazione e compassione, solo se patisci insieme impari a prenderti cura dell’altro».

Che cosa possiamo fare concretamente per rimediare ai danni che abbiamo causato? 

«Possiamo fare tante piccole cose, l’enciclica di Francesco “Laudato Sì” ce le ricorda: spegnere la luce, risparmiare l’acqua, consumare il giusto. Sono buone pratiche individuali che i politici pensano siano marginali. Sono invece la base del cambiamento, l’humus dal quale partire.Sono convinto che la scelta di cura parta dalla scelta del cibo. Ogni volta che apro il portafoglio io voto: posso premiare un modello produttivo piuttosto di un altro. La cura della “pianta” comincia dalla tavola:  l’allevamento intensivo è tra le cause del riscaldamento globale, posso quindi scegliere un’alimentazione con meno carne.

Tornando ai piccoli gesti: la plastica è un problema enorme, non bisogna usarla se non è riciclabile, è necessario capire quali sono i prodotti che escono dalle multinazionali che hanno un rapporto predatorio con la terra, posso favorire i piccoli agricoltori. I prodotti fuori stagione non vanno comprati, non devono avere attraversato l’oceano per arrivare qui. È  necessario creare consapevelozza, far crescere le coscienze. Dal 2017 cerchiamo di farlo con la “Casa dei sentieri  e dell’ecologia integrale”, la nostra associazione (box nella pagina a fianco) che collabora con scuole, giovani, bambini. Propone laboratori del pane, del miele, del vino. Punta sulla formazione: incontri, conferenze, presentazione di libri. Esploriamo la Bibbia prima di tutto, facciamo un grosso lavoro sul tema dell’economia sostenibile e solidale, del riciclo civile, di comunità: l’economia di Francesco. Coltiviamo erbe selvatiche, proponiamo il tracking biblico per imporci altri ritmi, la meditazione, il silenzio. L’appello  è vivere con un’alta coscienza, oltre il consumismo, oltre la logica del possesso. Collaboriamo con Legambiente – abbiamo creato il binario dei fiori e delle api -, la coop agricola il Cengio e altre realtà proponendo esperienze di consapevolezza».

Papa Bergoglio nella “Laudato si'” scrive: “I singoli individui finiscono per soccombere a un consumismo senza etica e senza senso sociale e ambientale”. Perché ci comportiamo così? Che cosa ci è successo?

«Prevale il bene personale sul  bene comune. Il consumismo è la logica del possesso, io possiedo quindi sono realizzato. Non mi interessa condividere, compro quindi esisto, compro quindi sono. Pensiamo che il possedere sia il segreto della felicità. Non è vero: la felicità è la libertà donata, l’amore. È il pane condiviso che ci dà gioia. La logica del mercato ci ha fregato, deve prevalere la logica della persona. È necessario imparare a godere della bellezza di ciò che esiste. Posso godere della Gioconda senza possederla». 

Le urgenze della terra sono: crisi climatica, inquinamento atmosferico, la deforestazione. Ci sono poi le urgenze dell’anima…

«È tutto collegato. Prendiamo l’urgenze nell’anima dei migranti. Qual è la causa di queste migrazioni? Le emergenze dell’anima sono sentirsi come “Fratelli tutti”. Io non sono il centro, ma un filo dell’arazzo. Vivo di relazioni, la mia identità sta nelle relazioni. Apparteniamo tutti ad un’unica casa comune, siamo su una sola arca di Noè. L’anima si dilata a sentire il respiro dell’universo. Ecco l’urgenza: abbiamo bisogno di un’anima grande. In chiave ecologica c’è l’urgenza di essere contemplativi, di guardare con occhi diversi le persone e le cose. Se il mio occhio guarda un fiore è fiore-occhio, occhio-fiore, non più solo occhio». 

Il Papa parla di conversione comunitaria. L’unione fa la forza?

«Dobbiamo ricordare che nessuno si salva da solo. Il confronto, la condivisione, il mettere in comune moltiplica e fa più belle le cose. Pensiamo a don Ciotti che con “Libera” e la sua Scuola di formazione Casacomune “Laudato si’ Laudato qui”, ha dato speranza a tantissime persone. Pensiamo a Carlo Petrini, fondatore di Slow food, che con la rete “Terra Madre” ha sollevato migliaia di contadini senza prospettiva. Se pianto una palma nel deserto faccio la mia piccola oasi, se siamo in 100, nascono 100 piccole oasi e il deserto sparisce». 

Durante il lockdown si è parlato di “possibile guarigione della natura”. Abbiamo visto animali riappropiarsi di spazi abitati dall’uomo. La pandemia che cosa ci sta insegnando?

«Gli animali nei centri delle città sono grandi segni di speranza. Possiamo ancora farcela  Tutti i virus delle pandemie sono di origine animale: hiv, covid, aviaria, sars. Sono comparsi perchè abbiamo esercitato una pressione sull’habitat degli animali. La deforestazione, il bracconaggio, tutto questo ha portato ad un “salto di specie”, l’ambiente ha perso l’equilibrio. La natura che si è ripresa i suoi spazi ci dice che l’uomo non deve considerarsi il centro del mondo. Al centro c’è la relazione. Se la vita è un grande arazzo ogni essere vivente è un filo e ogni piccolo danno al filo è un danno all’intera umanità».

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