In primo piano Intervista

Padre Carlo Rossato: «Sarà un 8 settembre di compassione»

Il rettore di Monte Berico si racconta e dice: «Stiamo attraversando il deserto».
di Marta Randon

Padre Carlo, è il primo 8 settembre con il Covid.

E le pare poco… è qualcosa di strano, di surreale. Però ci siamo dentro e ci stiamo abituando. Ci sono limitazioni che incidono terribilmente, ma siamo riusciti sprigionare nuove cose in Basilica: posti a sedere in chiostro con lo schermo – una novità assoluta -; abbiamo posizionato alcune sedie nello spazio davanti alla sala del Veronese e poi si formano gruppetti sul sagrato, dove alcuni fedeli seguono la messa davanti alle tre porte. La voce arriva anche all’esterno. In questo modo i posti, da 200 (da regolamento) sono aumentati a 300-350. È strano celebrare vedendo il metro di distanza tra le persone. Ma da marzo ad oggi è una regola di convivenza di tutta l’umanità.

Il rettore della Basilica di Monte Berico e priore dei Servi di Maria, padre Carlo Rossato, 54 anni, lo definisce «l’8 settembre della compassione». Raccontandosi dice: «Tutti noi stiamo attraversando il deserto. L’ho attraversato anch’io durante il lockdown. Credo che in questo passaggio, tenebroso e luminoso insieme, ogni persona si sia aperta a uno sguardo nuovo della vita, quello della compassione. La luce è Maria».

Nel post lockdown c’è stato un calo di affluenza?

No, nessun calo, e lo dico con un sospiro di sollievo. C’è stata una buona affluenza anche nei giorni feriali di maggio, giugno, luglio e agosto. La gente sale a Monte Berico perché trova un riferimento, forse non tutti sanno darci un nome, ma qui accade qualcosa. Sempre. Credere non è necessario. Il Vangelo dice “Se vuoi”. Chi entra in Basilica può fermarsi, stare in silenzio e ricevere. Forse non lo riconosce subito, ma nello scorrere dei giorni, dei mesi, degli anni, se ne rende conto. È il soffio dello Spirito Santo che si rivela nella misura in cui la persona si appresta ad accoglierlo.

Ci sono problemi nel rispetto delle norme in Basilica?

Le persone osservano quasi rigorosamente il protocollo. Questo grazie anche all’imponente servizio di volontari: decine di persone tra gli Alpini di Vicenza, l’Ordine di Malta, i Templari e l’Ordine secolare dei Servi di Maria. Regolano l’afflusso e il deflusso, fanno entrare solo quando sono tutti usciti. Qui ogni cosa è pronta per le celebrazioni del 6 e dell’8 settembre. Ci saranno anche dei posti a sedere sul sagrato.

È riuscito a dare un senso alla pandemia? Al lockdown, al distanziamento sociale?

Gesù viene battezzato e investito dello Spirito Santo per cui è pronto a compiere gesti inauditi per donare parole di salvezza, portare conforto e speranza. Ma appena Gesù esce dalle acque lo Spirito Santo che cosa fa? Lo spinge nel deserto. È incredibile, quasi sconvolgente. Prima di immergersi nella realtà umana, lo Spirito spinge Gesù in un luogo in cui ci si scopre fragili, vulnerabili, deboli. Lo fa passare per questa condizione, per prendere consapevolezza della sua umanità insieme alla sua divinità. Un passaggio vertiginoso anche per il figlio di Dio. Il deserto è stato un passaggio obbligato per Gesù. E lo è anche per noi. Non è mai accaduto prima.

Perché dobbiamo attraversare il deserto?

Perché l’uomo rimane sempre infatuato di se stesso, della sua grandezza, delle sua capacità e possibilità. Ma non può tutto, ha bisogno di ridimensionarsi. La poetessa Mariangela Gualtieri ha scritto: ‘Ci dovevamo fermare, lo sapevamo, lo sentivamo che era troppo furioso il nostro fare. Ma non ci riuscivamo. Andava fatto insieme’.

Si entra e si esce dal deserto dopo aver fatto un’esperienza vertiginosa che ti prende e ti sconvolge, ma ti avvolge di nuova comprensione verso te stesso. Sempre che tu ti sia lasciato toccare da questo momento di grazia. Sì, essere toccati dalla sofferenza, dalla solitudine, dall’isolameto è un momento di grazia. Il metro di distanza ti restituisce a te stesso nella solitudine interiore che abita ognuno di noi.

In moltissimi hanno scoperto per la prima volta che cosa sono la fame e la sete.

I nuovi poveri da sei mesi sono precipitati in una battaglia quotidiana con i conti e le bollette. Sono migliaia di famiglie invisibili che bussano da noi, come in Caritas, in Comune. Sabato mattina abbiamo uno spazio riservato ai poveri gestito da padre Gino Alberto, responsabile della messa della carità. Le offerte della seconda messa del pomeriggio della domenica sono destinate alle persone bisognose. Lavoriamo in forte sinergia con Caritas e l’assessorato al sociale del Comune di Vicenza.

Tante persone durante il lockdown ci hanno telefonato per chiedere sostegno, preghiera, la vicinanza di Maria. Ad ogni messa facciamo la supplica, raccogliamo le invocazoni, le sofferenze, i patimenti dei presenti, anche in diretta tv e su Radio Oreb. C’è uno sguardo di tenerezza, di compassione. Non possiamo più vivere senza l’altro. Non è solo vicinanza, ma anche partecipazione alla vita dell’altro. Ci riprenderemo da questo momento se l’altro dimora in noi.

Malattia e fede. C’è il rischio superstizione.

Sì c’è. C’è il rischio di travisare, di fraintendere un cammino di fede e qui è importantissima la nostra presenza sacerdotale per far riflettere le persone e metterle nella corretta via. Gesù ha compiuto miracoli, ha guarito dalle malattie, però lo scopo della predicazione è sempre la Salvezza completa di una persona.

Monte Berico per mesi è stato un punto di riferimento per tutta la Diocesi.

Per quasi tre mesi il Vescovo è stato qui con noi. Abbiamo capito i suoi sentimenti sinceri e ispirati. Il culmine è stato l’affidamento della città alla Madonna. La tensione e il desiderio di mons. Pizziol di esserci ci hanno sorpresi. Sicuramente si sono rinsaldati i legami con la chiesa locale. La presenza del Vescovo ha reso questo luogo ancora più bello.

La pandemia, personalmente, com’è l’ha cambiata?

Una mattina, durante il lockdown, mi sono seduto al centro del piazzale della Vittoria. Per mezz’ora sono rimasto ad ascoltare il silenzio assordante. La Basilica è sempre rimasta aperta, ma le persone si contavano sulle dita di una mano. Non c’erano riti, celebrazioni, sacramenti. Ecco il deserto. Il silenzio mi ha condotto a tornare con più vigore alla parola di Dio, a lasciarmi sedurre ancora una volta da Maria e dal Signore. In questi giorni lo Spirito Santo continua a soffiare. Siamo nel deserto, fatichiamo, siamo inquieti, ma la meta luminosa è lì davanti. L’8 settembre è l’Aurora di Salvezza. Sta a noi farci aiutare da Maria. Da colei che, ai piedi della croce, non è scappata, ma è rimasta lì, confortata dalla Speranza.