La solitudine degli anziani non si annida solo tra i corridoi delle case di riposo o negli anonimi quartieri di periferia delle grandi città. Può essere un problema grave anche nei piccoli paesi, in particolare in quei territori marginali che da tempo vedono i giovani emigrare in cerca di lavoro e i vecchi restare soli a custodire luoghi, memorie e tradizioni. Non nascondono una certa preoccupazione don Mariano Ciesa e il diacono Valter Pozza tracciando il quadro demografico dell’Unità pastorale di Recoaro Terme, le quattro parrocchie della Conca di Smeraldo, con una popolazione di circa 6mila abitanti suddivisi in 108 contrade e un’età media sensibilmente più alta che in altre zone della diocesi. «Da tempo – racconta il parroco – i giovani se vanno e molti anziani cadono in forme depressive, non solo per la lontananza dei loro cari, ma anche per il futuro incerto di queste montagne in cui sono nati e a cui tanto sono legati.
Negli ultimi anni, complice anche la pandemia con tutte le sue restrizioni, queste problematiche sono aumentate, portando anche alcuni anziani a gesti estremi che hanno molto turbato la comunità». Dopo il covid anche qui molti volontari delle parrocchie, a loro volta anziani, non hanno più ripreso il proprio servizio, indebolendo così ulteriormente la rete già fragile dei legami comunitari.
«Prima della pandemia il foglietto avvisi della parrocchia veniva portato in tutte le case, anche nelle contrade più isolate – ricorda il diacono Valter – e, seppur con qualche fatica per la disaffezione alla pratica religiosa che anche qui si fa sentire, era comunque un modo per esprimere una vicinanza, scambiare una parola, tenere sotto controllo situazioni potenzialmente a rischio».
Ora ad andare a visitare gli anziani, oltre ai preti e ai diaconi, sono rimasti i ministri dell’Eucarestia, ma quelli che chiedono di ricevere la Comunione a casa sono solo una piccola parte. «La cosa interessante è che è nato un gruppo di auto mutuo aiuto tra persone sole che quotidianamente cercano di supportarsi moralmente anche attraverso lo scambio di messaggi whatsapp e poi ci sono dei nonni meravigliosi che non solo tengono i nipotini, ma che anche collaborano in qualche bella esperienza di “catechesi in contrada” – dice don Mariano, cercando, da buon pastore, segni di speranza – ; sonopersone che coltivano passioni, interessi, che si dedicano alla cura dell’ambiente e del prossimo con le forze che hanno… insomma che restano affezionate alla vita e le danno un significato».
Tra quelli che certamente non si sono persi d’animo c’è Gianna Trevisan, 88 anni compiuti. Ci accoglie sorridente nella piccola villetta liberty poco fuori dal centro di Recoaro dove vive sola da quasi 30 anni. La casa è linda e ordinatissima, piena di fiori e fotografie. Al collo Gianna porta la fede nuziale del marito, mancato quando lei aveva solo 59 anni. «Quando Mario morì – racconta seduta al tavolo della luminosa cucina che affaccia sull’Agno – i nostri figli si erano già trasferiti a Udine e Treviso per motivi di lavoro, formando le loro famiglie in quelle città. Decisi allora di mettermi a disposizione di un’associazione che da poco era nata qui a Recoaro, l’Auser Amici d’Argento, pensata proprio per le persone anziane del nostro territorio».
Gianna in oltre vent’anni di volontariato ha attivato, in collaborazione con il Comune e la Parrocchia, iniziative, servizi, attività: l’università degli anziani, il pranzo comunitario del giovedì, il servizio di accompagnamento e trasporto per le visite mediche, il circolo del ricamo, le gite sociali e le vacanze al mare… . Alcune di queste attività continuano tuttora, altre purtroppo dopo il covid non sono più riprese. A dicembre dell’anno scorso il Presidente Matterella ha riconosciuto questo impegno e l’ha insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica. «Ad un certo punto – commenta Gianna con saggezza – ho capito che dovevo cedere il testimone. Ora frequento ancora l’Auser, ma faccio una vita un po’ più ritirata. La casa è piccola, ma c’è tanto da fare. Il segreto nelle faccende domestiche è non strafare, ma fare ogni giorno qualcosa». E poi ci sono i fiori, le letture, le parole crociate per tenere sveglia la mente, la preghiera del Rosario ogni giorno alle 18 in diretta da Lourdes su TV2000. Figli e nipoti, seppur lontani, salgono spesso a visitarla. Gianna ci mostra le foto di famiglia sul suo smartphone. «A volte mio figlio mi lascia qui il cane per qualche giorno e allora mi diverto a portarlo lungo l’Agno, sugli stessi sentieri dove giocavo da bambina, anche se ora vado più piano». Prima di salutarci Gianna ci offre patatine e un gingerino, naturalmente Recoaro.
Per raggiungere Giancarlo Faccio, 76 anni, bisogna uscire dal paese e salire verso Merendaore. La sua casa, dove da molti anni vive solo dopo la morte della mamma, è lì, tra i prati ai piedi delle Piccole Dolomiti. Su Giancarlo si potrebbe scrivere un libro. Uscito dal sanatorio del Lido di Venezia a 14 anni dove era rimasto a lungo ricoverato per poliomielite, a detta dei medici non avrebbe proprio dovuto camminare, accettando una vita da infermo. E invece, supportato da un’incredibile forza di volontà e da qualche buon amico, non ha smesso per un attimo di muoversi, viaggiando a piedi, in treno, perfino in autostop, in una continua ricerca di bellezza, di umanità e di Dio che lo hanno portato successivamente a Loppiano, a Roma, a Capodarco, a spingere le carrozzine di altri malati a Lourdes o a compiere, nell’incredulità generale, l’impegnativa ferrata del Vajo dei Colori.
«Mi hanno fatto sempre arrabbiare gli ammalati e gli anziani che si arrendono e si fanno servire in tutto e per tutto. Bisogna farsi aiutare certo – dice con animo ancora battagliero – , ma mai piangersi addosso! Piuttosto si devono cercare soluzioni per vivere al meglio la vita che abbiamo».
Di certo Giancarlo nella sua vita si è inventato di tutto, e non solo per sé stesso: negli anni ha fondato una cooperativa cartotecnica, ha messo in piedi il gruppo “Mondo anch’io” per permettere ad altri disabili di viaggiare, ha collaborato con la Caritas e ha perfino svolto un periodo di servizio in un campo profughi. Cosa lo tiene vivo oggi che alla disabilità si aggiunge la vecchiaia? Giancarlo non ha dubbi: «i contatti frequenti con i tanti amici conosciuti negli anni. Se non fossi uscito, ora sarei davvero solo. Ci sentiamo attraverso il telefono e Facebook – racconta -. E poi la fede: devo sempre ringraziare padre Giovanni Vannucci, incontrato nelle mie scorribande, che mi ha fatto innamorare del Vangelo; i preti e i ministri che mi portano la Comunione a casa». Ma ci sono anche altre passioni, come il disegno (Giancarlo è un mago delle caricature) e la natura, con il suo silenzio e la sua bellezza che quassù, solo a contemplarla dalla finestra, davvero ti riempie il cuore e ti fa sentire che sei parte di qualcosa di più grande.
Alessio Graziani