Non voltano la faccia dall’altra parte. Si alternano, portano cibo, vestiti, medicine, c’è chi si china, con la schiena curva cura piedi feriti, vesciche grandi quanto una noce, disinfetta morsi di cane, bastonate ricevute ai confini, lenisce anime stremate. Sono i numerosissimi volontari da tutto il nord e centro Italia che da anni accorrono a Trieste per aiutare i migranti della rotta balcanica. Tra loro ci sono anche alcuni gruppi provenienti dalla diocesi di Vicenza. Fanno parte dei “Fornelli resistenti”, un movimento nato attorno alla figura di Lorena Fornasir, piscoterapeuta friulana, appassionata militante dell’associazione “Linea D’Ombra”, che ogni giorno è in Piazza della Libertà – ribattezzata “Piazza del Mondo” – per prendersi cura di uomini, donne, giovani e bambini che arrivano a Trieste a piedi dall’Afghanistan, dall’Iraq, dal Bangladesh, dalla Turchia, dalla Siria in cerca di una vita migliore.
«Puntiamo sul “ritrovo della comune umanità ”: essere cristiani significa prima di tutto essere umani. Siamo una cinquantina di persone da Sarcedo e Breganze – racconta don Fabio Miglioranza, amministratore pastorale della parrocchia di Sarcedo -. Da un anno circa, alternandoci, andiamo a Trieste tutti i mesi. Io anche un paio di volte al mese. Cuciniamo in piazza, portiamo legna, coperte, vestiti, scarpe, quello che serve». Un altro gruppo, legato alle parrocchie di Valdagno, ha inviato una lettera al vescovo Giuliano e ai vescovi della Conferenza Episcopale Triveneta – 25 i firmatari – che riflette sulla situazione inaccettabile che i migranti sono costretti a vivere nel capoluogo friulano. “Come cittadini e come cristiani – si legge nella missiva – ci sentiamo chiamati a resistere alla perdita di quel senso di responsabilità fraterna su cui si basa ogni società civile, non distogliendo lo sguardo, ma lasciandoci “disturbare” dal dolore dei migranti, che sono prima di tutto persone e fratelli, non emergenze”.
I migranti che arrivano dalla rotta balcanica si dividono in due tipologie: la prima, composta soprattutto da famiglie di siriani e curdi, sosta a Trieste in genere solo una notte e prosegue poi verso il nord Europa: Germania, Inghilterra, Belgio, Olanda perché ha parenti in quei Paesi. Il secondo gruppo, più corposo, è formato da pakistani, afghani, bengalesi, migranti dal Medio Oriente, che decidono invece di fermarsi in Italia. Sono sopratutto giovani, dai 20 ai 30 anni. Arrivano a Trieste stremati, a volte scalzi, dopo aver attraversato con difficoltà e sofferenza Serbia, Bulgaria, Romania, Ungheria, Croazia, Slovenia; si registrano in Questura e per mesi vivono sulle aiuole di fronte alla stazione dei treni in attesa di essere inseriti in campi di accoglienza e cooperative.
«Dormono in Piazza della Libertà , attorno alla statua della pricipessa Sissi, o nella zona del porto vecchio, abbandonati a loro stessi, senza l’intervento delle istituzioni» racconta Nicoletta Dal Lago, portavoce dei volontari che hanno firmato la lettera.
“Fino al 21 giugno queste persone avrebbero cercato un alloggio nei Silos, quei fatiscenti e malsani edifici dietro la Stazione, diventati l’emblema triste di una città bellissima – si legge ancora nella lettera-. Ora i Silos (di proprietà di Coop Alleanza 3.0, la catena di supermercati ndr), sono sigillati e presidiati, sgomberati di tendine, fornelli, legname, cumuli di rifiuti e di persone, che sono state trasferite in campi di accoglienza per richiedenti asilo. Ma dove dormiranno i nuovi arrivati e quelli che arriveranno nei prossimi giorni?”.
Se nelle scorse settimane i flussi di migranti erano diminuiti, ora stanno pian piano riprendendo corpo. La ragione del calo momentaneo può essere ricondotta ad una maggiore rigidità ai confini, disposta forse dall’alto in vista del G7 che si è tenuto a Trieste dal 27 al 29 giugno e poi della Settimana sociale dei cattolici dal 3 al 7 luglio che, sempre nel capoluogo giuliano, ha visto la presenza del Papa e del Presidente della Repubblica. Lo sgombero dei Silos è stato firmato dal sindaco di Trieste Roberto Dipiazza senza però offrire per ora una valida soluzione alternativa. Nella Messa conclusiva della Settimana sociale domenica 7 luglio papa Francesco ha usato parole forti per descrivere la situazione dei migranti e l’indifferenza che troppe volte accentua le ferite e le sofferenze da loro patite: “Noi, che talvolta ci scandalizziamo inutilmente di piccole cose, faremmo bene invece a chiederci: perché dinanzi al male che dilaga, alla vita che viene umiliata, alle problematiche del lavoro, alle sofferenze dei migranti, non ci scandalizziamo? Perché restiamo apatici e indifferenti alle ingiustizie del mondo? Perché non contempliamo le miserie, il dolore, lo scarto di tanta gente nella città ?”.
«Da febbraio siamo saliti a Trieste quattro volte – racconta la volontaria Dal Lago -, lo zoccolo duro del gruppo di Valdagno proviene dallo scoutismo. Non posso dire di essere una credente convinta, ma la domenica ascolto la parola del parroco don Matteo Menin», dice. «Una soluzione alternativa provvisoria per i migranti potrebbero essere gli ex mercati, vicino alla stazione, attivi fino a 20 anni fa, con camere, bagni e docce, ma, nonostante le varie manifestazioni e pressioni da parte delle associazioni e dell’opposizione, l’amministrazione non si muove».
Nicoletta, con altri volontari, è inserita nella chat del gruppo “Fornelli resistenti” gestita dall’attivista Lorena Fornasir. «Ogni giorno veniamo aggiornati puntualmente sull’arrivo di nuovi migranti -spiega Nicoletta -. C’è un calendario condiviso, in cui ogni gruppo può dare la propria disponibilità per andare a Trieste»
«Ho deciso di partecipare alla stesura della lettera e di inviarla ai Vescovi perché penso che la questione dei migranti sia una grandissima occasione per la Chiesa che si muove in controtendenza. Preti e Vescovi vengono osteggiati e criticati, ma ci sono. Per fortuna – conclude la volontaria -. Sappiamo che la diocesi di Trieste con il vescovo Enrico Trevisi si sta spendendo molto. Ma c’è ancora da fare, la voce di laici e preti deve arrivare unica, forte e chiara».
Marta Randon