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Luca Mercalli a Relazionésimo in Fiera a Vicenza

«Tra terra e uomini c'è una cattiva relazione» dice il climatologo e divulgatore scientifico che il 15 luglio interverrà in Fiera a Vicenza con una lectio sulla sostenibilità ambientale. «Non c’è più tempo» aggiunge.
Luca Mercalli
di Marta Randon

«Tutto parte da una relazione negativa con la nostra terra, la Casa Comune, tanto cara al Papa». Luca Mercalli non lascia spazio a fraintendimenti. È preoccupato, preoccupatissimo per le sorti della Terra e dell’uomo. Si è appassionato di ambiente a 15 anni camminando sui ghiacciai, studiando i loro spostamenti: «Quando ho percepito che mi stavano sparendo sotto i piedi per colpa nostra è cominciata la mia militanza – dice -. Non c’è più tempo». Il metereologo, climatologo, docente e divulgatore scientifico, conosciuto al grande pubblico per le numerose partecipazioni a “Che Tempo che fa” e altri programmi, venerdì 15 luglio dalle 11.30 alle 13, nell’arena Expo, interverrà a “Relazionésimo” con la lectio magistralis “Sostenibilità: la relazione tra Terra e gli esseri umani”. Relazione che, come detto, per Mercalli è da rivedere.

Professore, perché abbiamo una brutta relazione con la Terra?

«Siamo troppi e pretendiamo troppo. Da un lato preleviamo un eccessivo quantitativo di materie prime, peschiamo troppi pesci negli oceani, tagliamo troppe piante, estraiamo troppi minerali. Dall’altro lato restituiamo rifiuti: buttiamo la plastica negli oceani, creiamo emissioni di CO2 con i combustibili fossili, cambiamo il clima, sterminiamo le specie viventi. Siamo veramente in una situazione di insostenibilità e di incompatibilità della nostra attività economica con le risorse planetarie. C’è una quantità di letteratura scientifica che conferma questa situazione che è sbalorditiva ed è assolutamente sbalorditivo come venga ignorata».

Riesce a darmi dei numeri che certifichino i nostri comportamenti? Ad esempio: quanto risparmiamo con la differenziata in un tempo lungo e con tanto impegno, che poi magari bruciamo in poco tempo prendendo un aereo per andare e tornare da New York?

«Un italiano fa in media 500kg di rifiuti all’anno, cioè circa 1,5kg al giorno. Sono già troppi all’origine e poi dipende da che strada fanno: se li buttiamo nell’ambiente sono un danno enorme, se facciamo la raccolta differenziata possiamo limitare il danno, ma non eliminarlo. La raccolta differenziata non permette di recuperare tutto, sono necessari altri passi avanti».

Quali passi avanti sono necessari?

«Ad esempio progettando dei materiali diversi. Deve occuparsene la grande industria. Io e lei, però, già al supermercato possiamo cercare di comprare delle cose che facciano meno rifiuti, delle confezioni ridotte, scegliendo prodotti sfusi. Quello che resta va messo nei bidoni corretti in modo che venga riutilizzato. Anche i nostri gesti hanno un senso».

Torniamo ai numeri. Mi faccia qualche esempio sui consumi energetici e le relative emissioni.

«Ogni italiano produce in un anno 7mila kg di CO2. L’Europa ci dice che entro il 2030 dobbiamo dimezzarli, quindi in 8 anni dobbiamo passare da 7mila a 3.500. Se lei fa una piccola inchiesta vedrà che nessuno sa di questi 7mila kg.  È difficilissimo far capire alle persone che devono ridurre qualcosa di cui non conoscono nemmeno l’entità. Un litro di benzina emette 2,7kg di CO2. Se prendi la macchina e consumi 10 litri hai fatto 27kg di CO2 ; in un anno ecco che arriviamo ai 7mila. Se prendi un aereo e vai a New York fai 2mila kg di CO2 tra andata e ritorno in un solo viaggio, come diceva lei prima. Serve a poco dire “chiudo l’acqua quando mi lavo i denti, ma vado a New York”. Le nostre azioni non sono tutte uguali e non possiamo costruirci degli alibi facili. Non basta piantare l’alberello e poi andare alle Maldive in vacanza. L’alberello in un anno toglie 10kg di CO2, il viaggio alle Maldive fa 2mila kg o anche di più».

In uno dei suoi libri “Salire in montagna” parla dell’importanza della vita contemplativa e meno competitiva. Anche relazioni più sane possono aiutare il Pianeta?

«Assolutamente sì, ma aiutano prima di tutto noi stessi. Il problema di una cattiva relazione con la natura è che poi è la natura si ribella e ci distrugge. In ballo c’è l’esistenza dell’umanità e del suo benessere futuro. Una cattiva relazione con la natura deriva anche da una economia che ci spinge a correre sempre di più, un’economia della crescita infinita in un mondo finito, in un mondo limitato. Quindi è una cattiva economia».

Cambiare l’economia sembra impossibile.

«Se ne parla da più di 50 anni. Il rapporto “I limiti alla crescita” del Club di Roma è del 1972. Sono cose dette e scritte mille volte, eppure non hanno generato alcun cambiamento. L’obiettivo è far crescere gli indicatori, in particolare il Pil che è diventato il mantra di qualsiasi Stato, di qualsiasi politico e la ragione del conflitto con una natura che invece è limitata e finita. Non possiamo sopportare questa crescita neanche a livello individuale. Chi lavora ormai lo fa giorno, notte, sabato, domenica, siamo attaccati ai nostri cellulari, alle mail, rispondiamo a mezzanotte, ce n’è sempre una. Questo confligge anche con la nostra qualità di vita spirituale e culturale. Cambiare il tipo di economia farebbe bene sia a noi come persone, come individui e farebbe bene all’ambiente, alla natura perché le chiederemmo un po’ meno».

Settimana scorsa l’ennesima tragedia sulla Marmolada. Tra le cause c’è il riscaldamento globale. Dobbiamo sentirci in qualche modo responsabili?

«Ognuno di noi ha la sua piccola o grande responsabilità, dipende dal proprio tenore di vita, dallo Stato in cui siamo. Un africano poverissimo ha una responsabilità pressoché nulla, un ricco americano ce l’ha enorme perché usa una quantità di energia che è immensamente superiore. Purtroppo il distacco del seracco di ghiaccio è capitato in una domenica alle due del pomeriggio. Se succedeva il giovedì alle tre di notte probabilmente non avremmo neanche scritto una parola, sarebbe caduto un blocco di ghiaccio e finita lì. Riflettiamo anche su questo».

 

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