“E non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male”. Sarà questa una delle novità più rilevanti che dalla prima domenica di Avvento verrà inserita nelle celebrazioni liturgiche. La preghiera tra le più radicate della nostra fede (e tradizione), il Padre Nostro, avrà delle modifiche. E non saranno gli unici cambiamenti.
La terza edizione italiana del Messale romano, il volume per celebrare la Messa, arriva con una veste nuova, sarà adottato dalla nostra Diocesi (vedi decreto vescovile nel box) con il nuovo anno liturgico che inizia sabato sera 28 novembre. Dopo quarant’anni di “onorato servizio” (dal 1983), il libro liturgico che tutti conosciamo fa spazio a una edizione rinnovata nel linguaggio, in linea con il tempo.
«Il Messale nasce, a monte, in latino, perché vale per tutta la Chiesa di rito romano – spiega don Pierangelo Ruaro, direttore dell’ufficio per la liturgia della diocesi di Vicenza -. C’è un progetto che funziona, quindi, per tutti e che le singole Chiese nazionali traducono e adattano al loro contesto socioculturale».
Una lunga ed elaborata operazione coordinata dalla Cei, che ha visto la collaborazione di una commissione multipla. Tanti i settori coinvolti: dai biblisti ai liturgisti, dai latinisti agli italianisti, fino ai musicisti per le preghiere da cantare. «Il nuovo Messale è un invito anche a valorizzare il linguaggio del canto che, fino a ieri, era collocato in appendice del Messale stesso» evidenzia don Pierangelo.
Strutturalmente parlando, il libro presenta un formato nuovo (più piccolo di quello d’altare e più grande di quello da tavolo), è rinnovato nella veste grafica, nel numero di pagine per la presenza della musica, nei caratteri di stampa, più leggibili e grandi, senza grassetti, nelle illustrazioni.
I cambiamenti sono tanti, migliaia se si parla delle traduzioni. La maggior parte delle variazioni riguarda le formule pronunciate dal sacerdote. È stato introdotto un linguaggio più inclusivo. Nell’atto penitenziale si ricorre all’aggiunta delle “sorelle” accanto ai fratelli: “Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle”. «Questa è l’unica preghiera in cui il fedele si rivolge a Dio, ma anche in prima persona a tutti i presenti. Se parlo alle persone che ho intorno, esse sono donne e uomini» così don Ruaro.
Stesso discorso è presente anche in altre parti del Messale, dove si ripresenta la questione (presentazione dei doni, momento della Preghiera Eucaristica in cui si ricordano i defunti). Sempre all’interno dell’atto penitenziale si tornano a prediligere le formule greche “Kýrie, eléison” e “Christe, eléison” su “Signore, pietà” e “Cristo, pietà”.
Un’ulteriore modifica si ha nei saluti biblici iniziali, corretti dal punto di vista grammaticale. Non sentiremo più “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi”, ma il verbo al plurale “siano”, come un elenco di più elementi vuole.
Un nuovo componente rivisto è il Gloria che adotterà la formula “pace in terra agli uomini, amati dal Signore” in sostituzione di “uomini di buona volontà”. “Una preferenza giustificata dal ritmo: la distribuzione di sillabe e accenti permette che tutti i Gloria cantati a disposizione in italiano possano essere modificati automaticamente”. Nel Padre Nostro due sono i cambiamenti. Uno fortemente voluto da papa Francesco: “Non abbandonarci alla tentazione” in sostituzione di “E non ci indurre in tentazione”, che ribadisce un Signore non tentatore, ma di sostegno, e l’aggiunta di un “anche” nella frase “come anche noi li rimettiamo” che riprende l’esatta espressione latina. «L’invito, per facilitare la memorizzazione di questi cambiamenti, è di cantare la preghiera nella versione gregoriana». Nell’Agnello di Dio il prete dirà: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello”. L’inversione di frasi ristabilisce la successione originaria della sequenza rituale, mentre la “cena dell’Agnello” sostituisce la “cena del Signore” richiamando l’Apocalisse e il banchetto delle nozze dell’agnello. «Questo riferimento ci dice che l’Eucarestia ha una dimensione escatologica – aggiunge don Pierangelo -: la tavola del Signore sulla quale la Chiesa celebra il memoriale di Cristo è la tavola della cena dell’agnello dell’Apocalisse».
La necessità di rifare il Messale regolarmente si palesa anche per l’inserimento di nuovi santi. Dal 1983, anno dell’uscita della seconda edizione del Messale, ad oggi sono stati proclamati molti santi (si pensi solo a Pio da Pietrelcina, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Bakhita, Giovanni Antonio Farina,…) e il calendario doveva essere aggiornato.
Tutti questi cambiamenti e miglioramenti del linguaggio rispondono a una maggiore contestualizzazione del linguaggio ecclesiale a quello sociale e culturale odierno. Il libro liturgico “cammina nel tempo” per poter parlare ed esprimere l’oggi dell’azione divina.
Comments 1