In merito al caso Dj Fabo-Cappato, la Corte Costituzionale (qui il testo diffuso dall’ufficio stampa) dopo una camera di consiglio durata una trentina d’ore “ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.
In attesa di un “indispensabile intervento del legislatore”, la Corte sottolinea che “l’individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme già presenti nell’ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili”.
L’opinione dei Vescovi.
“Si può e si deve respingere la tentazione – indotta anche da mutamenti legislativi – di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia”. I vescovi italiani si ritrovano “unanimi nel rilanciare queste parole di Papa Francesco” e “in questa luce esprimono il loro sconcerto e la loro distanza da quanto comunicato dalla Corte Costituzionale”.
Lo si legge in una nota della Presidenza della Cei: “La preoccupazione maggiore è relativa soprattutto alla spinta culturale implicita che può derivarne per i soggetti sofferenti a ritenere che chiedere di porre fine alla propria esistenza sia una scelta di dignità. I vescovi confermano e rilanciano l’impegno di prossimità e di accompagnamento della Chiesa nei confronti di tutti i malati. Si attendono che il passaggio parlamentare riconosca nel massimo grado possibile tali valori, anche tutelando gli operatori sanitari con la libertà di scelta”.

