La Diocesi ricorda mons. Carlo Zinato a 50 anni esatti dalla morte, domenica 23 giugno nella Messa delle 10.30 in Cattedrale. Fu proprio il vescovo Zinato a curare la ricostruzione della Chiesa Madre della Diocesi dopo i bombardamenti che la colpirono durante il secondo conflitto mondiale.
Il Vescovo coraggioso che non comprese il cambiamento d’epoca
Moriva esattamente 50 anni fa, il 23 giugno del 1974 monsignor Carlo Zinato. Il Vescovo, di origini veneziane, era arrivato a Vicenza nel pomeriggio del 7 settembre 1943, in un contesto drammatico, segnato dalla guerra, dai bombardamenti e dalla presenza nazifascista.
Nonostante tante difficoltà, Zinato riuscì a mantenere l’attività pastorale ordinaria, motivando il clero e dando conforto alla popolazione. La guerra civile in corso e le rappresaglie stimolarono i cattolici vicentini a impegnarsi nell’assistenza e nella preparazione socio-politica. Il nuovo Vescovo fu coraggiosamente al loro fianco (vedi articolo a pagina 7). La Resistenza, che coinvolse anche i giovani dell’Azione Cattolica e il clero, divenne così un simbolo di libertà, di impegno civile e di rinascita. L’assistenza agli sfollati, alle vittime dei bombardamenti, ai prigionieri e ai soldati internati in Germania fu intensa. In previsione di un ritorno alla democrazia in Italia, per la preparazione socio-politica, fu creato il Segretariato delle attività sociali (Sedas) in collaborazione con l’Azione Cattolica.
Zinato visitò in quegli anni difficili e tribolati tutte le parrocchie della diocesi: una vicinanza alla popolazione che gli conferì una grande stima e autorevolezza. All’indomani della liberazione, monsignor Zinato emanò, in data 8 maggio 1945, alcune direttive circa il comportamento dei cattolici vicentini nella vita pubblica e in particolare sull’orientamento partitico. Le direttive del 1945 di Zinato indicavano ai cattolici vicentini di partecipare alla vita politica in modo coerente con i principi della morale cristiana, sostenendo partiti che rispettassero la religione e la Chiesa cattolica, come la Democrazia Cristiana. Tale collateralismo si prolungò per oltre un ventennio, divenendo una costante del mondo cattolico italiano e a Vicenza, provincia “clericale”, la collusione e la confusione furono più marcate che altrove, creando alla lunga numerosi problemi. Zinato continuò infatti, lungo tutto il suo episcopato, a ogni vigilia elettorale a indirizzare lettere pastorali sulla presenza e le scelte dei cattolici nella vita politica, con la ripetuta condanna del comunismo e di ogni possibile “apertura a sinistra”.
Dopo la guerra, il 24 settembre 1947, mons. Zinato annunciò la prima vera e propria visita pastorale del suo episcopato, con un questionario di 247 domande che copriva temi ecclesiali, religiosi e socio-politici. Conclusasi il 2 dicembre 1951, il Vescovo, nella lettera della Quaresima del 1952, ne tracciò il bilancio e identificò due “malefiche sorgenti” che ammorbavano anche la terra berica: la propaganda immorale e quella materialista. Successivamente, il Sinodo del 1953 (non pubblicato) e quello del 1959 cercarono di aggiornare le disposizioni pastorali per arginare tali “derive”, ma il tutto fu presto superato dall’evento conciliare.
Negli anni ‘60, sotto il pontificato di Giovanni XXIII, si aprì l’11 ottobre 1962 il Concilio Vaticano II, alle cui sessioni partecipò anche il vescovo Zinato. Il rinnovamento pastorale cui il Concilio diede impulso, vide la diocesi vicentina affrontarlo con un periodo al contempo di crisi e di rinnovamento. Per mons. Zinato e i suoi collaboratori più stretti fu difficile adattarsi ai cambiamenti conciliari. Il Seminario diocesano, insieme all’Istituro Rezzara sul fronte laicale, diventarono invece centri di approfondimento, rinnovamento e dibattito dei documenti conciliari.
Il cammino post-conciliare in Diocesi si rivelò, tuttavia, lento, faticoso e contraddittorio. Ci fu una crisi che chiameremo politico-culturale che interessò la famiglia e la scuola e una crisi che chiameremo religioso-ecclesiale. Quest’ultima si manifestò in una diminuzione della frequenza alla Messa e alla confessione, nell’abbandono del ministero da parte di alcuni preti e religiosi, e nel manifestarsi dirompente di una crisi di vocazioni che svuotò in fretta il nuovo seminario da poco costruito. Anche le strutture associative cattoliche subirono cali significativi a livello numerico e crisi ideali. Emblematica fu la vicenda delle ACLI vicentine che nel dicembre del ‘71 deliberarono la totale indipendenza e autonomia dagli organi nazionali e, guidate dall’onorevole Dall’Armellina, nel 1972 aderirono al nuovo Movimento Cristiano Lavoratori.
In quegli stessi anni, a livello diocesano, furono istituiti il Consiglio presbiterale e il Consiglio pastorale, ma con scarso successo iniziale. Il Consiglio presbiterale s’inceppò quasi subito per le incomprensioni e le tensioni al suo interno e con il Vescovo, mentre il lavoro del Consiglio pastorale, coadiuvato da ben 11 commissioni e convocato dal Vescovo quando lo riteneva opportuno, non portò a risultati di rilievo, nonostante la buona volontà di molti. Il difetto di base era la mancanza di vera rappresentatività e di corresponsabilità, nonché la difficoltà del rodaggio. Consigli pastorali parrocchiali sorsero anche in varie parrocchie, ma spesso con risultati contrastanti. Fino agli anni ‘60, tutte le iniziative dovevano partire dal Vescovo o essere da lui controllate, secondo una concezione verticistica della Chiesa locale. Di qui un atteggiamento diffidente verso voci nuove e proposte di sano e sincero rinnovamento che salivano dal basso. La preoccupazione per la purezza della fede e il rifiuto di qualunque compromesso con una visione più laica della vita che le contemporanee rivoluzioni sociali e culturali portavano avanti, facevano diventare la sollecitudine e la vigilanza intransigenza e chiusura, creando disagio e amarezza tra molti preti, religiose e fedeli cattolici. I fermenti di interesse religioso, sociale e culturale, (cineforum, dibattiti, gruppi, l’Editrice “La Locusta”…), che si manifestavano comunque soprattutto tra i giovani, trovarono puntualmente richiami alla disciplina sia da parte del Vescovo stesso che da parte dei suoi più zelanti collaboratori.
Questo cambiamento epocale, civile e religioso, unito all’età del presule, si rivelò molto faticoso per il vescovo Zinato per cui gli fu affiancato un vescovo ausiliare: mons. Carlo Fanton, nominato il 7 gennaio 1967. Monsignor Carlo Zinato divenne vescovo emerito l’11 settembre 1971, dopo aver guidato la diocesi per 28 anni. Alla nomina del successore, mons. Arnoldo Onisto, Zinato continuò a risiedere nell’Episcopio. Morì a Vicenza, dopo lunga infermità, il 23 giugno 1974, all’età di 83 anni.
Francesco Gasparini