Il 29 giugno Papa Francesco ha indirizzato “ai Vescovi, ai presbiteri, ai diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici” una lettera “sulla formazione liturgica del Popolo di Dio”: Desiderio desideravi, dalla citazione latina del versetto 15 del capitolo 22 di Luca “ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi prima della mia passione”. Proprio nel giorno in cui la Chiesa guarda al successore di Pietro per quella che viene popolarmente chiamata la “festa del Papa” – ed è veramente una bella occasione per stringersi idealmente attorno a lui e pregare con lui e per lui – Papa Francesco richiama l’attenzione non su di sé ma su quella esperienza ecclesiale forte e indispensabile che è la liturgia.
Certo: lo scritto del Papa risponde molto direttamente ad una questione aperta: le perplessità e i dissensi suscitati proprio un anno fa, il 16 luglio 2021, dal “motu proprio” Traditionis Custodes con cui restituiva ai Vescovi diocesani la responsabilità sulle celebrazioni nel rito preconciliare che si erano molto diffuse dopo le disposizioni benevole e incoraggianti di Benedetto XVI. In quel documento Papa Francesco dava indicazioni molto restrittive in merito a queste liturgie e così aveva provocato proteste e richieste di chiarimento.
Proprio per non rispondere ai singoli e a questioni troppo specifiche, il Pontefice, col suo stile caratteristico, ha deciso di rivolgersi a tutta la Chiesa e sul problema delle celebrazioni in rito tridentino ha un paio di espressioni molto chiare e ferme: “…non possiamo tornare a quella forma rituale che i Padri conciliari, cum Petro e sub Petro, hanno sentito la necessità di riformare, approvando, sotto la guida dello Spirito e secondo la loro coscienza di pastori, i principi da cui è nata la riforma” e, subito dopo, “… la Chiesa possa elevare, nella varietà delle lingue, una sola e identica preghiera capace di esprimere la sua unità. Questa unità, come già ho scritto, intendo che sia ristabilita in tutta la Chiesa di Rito Romano” (n. 61).
Però Papa Francesco non ha voluto ridurre il suo intervento a ribadire quanto era piuttosto chiaro già nel testo del 2021, ma ha preferito cogliere l’occasione per proporre a tutti i cattolici una ispirata esortazione a riscoprire e amare l’esperienza della preghiera liturgica.
È interessante, ad esempio, come faccia tutto il possibile per evitare che si pensi alla “questione liturgica” come ad un aspetto riservato ai preti e ai diaconi: pur sottolineando la responsabilità che hanno i ministri ordinati, si insiste continuamente sulla partecipazione di tutti e sul contributo che tutti possono dare nel “ravvivare lo stupore per la bellezza della verità del celebrare cristiano” (n. 62).
La lettera si compone solo di 65 punti, molto brevi e incisivi e precisa che non ha la pretesa di esaurire l’immenso tesoro della celebrazione dei Santi Misteri… anzi: si potrebbero prendere come “pro-vocazioni” allusive di riflessioni molto arricchenti e fruttuose tre “concetti” su cui Papa Francesco ritorna con particolare insistenza: lo stupore, il silenzio, la formazione.
Lo stupore è l’atteggiamento fondamentale con cui il credente si accosta ai Santi Segni della Liturgia, che a loro volta non esauriscono tale stupore ma lo alimentano. Il Papa invita (e aiuta) a non intendere lo stupore come “una sorta di smarrimento di fronte ad una realtà oscura” ma piuttosto come “meraviglia” per poter conoscere e incontrare la salvezza offerta da Dio al suo Popolo: una meraviglia che apre al linguaggio simbolico e permette di esserne coinvolti…!
Il silenzio è il “gesto rituale” (!) che viene portato ad esempio per dimostrare come la persona e la comunità non vengono interessati solo nella loro capacità i capire razionalmente o di assistere passivamente ma sono coinvolti interamente e pienamente, in tutte le dimensioni del loro essere, come appunto il silenzio che non è mera assenza di rumore ma capacità di ascolto, propensione all’accoglienza, attesa di un evento che sta per compiersi, assimilazione saggia e meditativa…
Ed ecco imporsi naturale e necessaria la formazione, nella duplice dinamica di formarsi al linguaggio della liturgia e di lasciarsi formare dall’esperienza liturgica: è il circolo virtuoso che ci chiama in causa per la nostra responsabilità e la nostra disponibilità, per la nostra grinta e la nostra obbedienza…!
Papa Francesco dedica gli ultimi numeri ad una ulteriore, ineludibile, “indicazione per proseguire il cammino”: “riscoprire il senso dell’Anno Liturgico e del Giorno del Signore”. “La Domenica, prima di essere un precetto, è un dono che Dio fa al suo popolo (per questo motivo la Chiesa lo custodisce con un precetto)” (n. 65).
Ovviamente questa veloce sintesi rende poco e male il tono e i contenuti della lettera, veramente bella, di Papa Francesco: vale la pena di leggerla integralmente e di meditarla attentamente! Tutti troveremo qualcosa che ci chiama in causa e ci interpella!
Vale comunque la pena di ripetere anche qui quanto il Pontefice scrive in chiusura della sua missiva: “Abbandoniamo le polemiche per ascoltare insieme che cosa lo Spirito dice alla Chiesa, custodiamo la comunione, continuiamo a stupirci per la bellezza della Liturgia. Ci è stata donata la Pasqua, lasciamoci custodire dal desiderio che il Signore continua ad avere di poterla mangiare con noi. Sotto lo sguardo di Maria, Madre della Chiesa”.