Sono arrivati a Juba il 2 febbraio, percorrendo a piedi 20 km al giorno per un totale di 400 km. È il pellegrinaggio di pace organizzato dai giovani della Diocesi di Rumbek, in Sud Sudan, dove è vescovo il comboniano vicentino Christian Carlassare. A Juba il gruppo, formato da una cinquantina di giovani e dallo stesso padre Christian, parteciperà alla messa con Papa Francesco. Lungo il tragitto i pellegrini hanno fatto tappa tappa in nove comunità cristiane. «È stata un’occasione di animazione per passare il messaggio di comunione e di speranza che il Papa ci porta – spiega il Vescovo Carlassare -. I giovani vengono da parrocchie diverse e soprattutto da clan diversi. Un segno di unità non scontato perché tra alcuni di questi clan ci sono ostilità che rendono difficile ritrovarsi insieme. Avremo tra noi anche una rappresentanza dei protestanti per dare un significato ecumenico al pellegrinaggio, nello spirito di Papa Francesco».
Il Papa avrebbe dovuto visitare il Sud Sudan lo scorso luglio, ma motivi di salute glielo hanno impedito e così al suo posto è partito il cardinale vicentino Pietro Parolin. Ora invece tocca al Papa, che il 31 gennaio partirà per visitare la Repubblica Democratica del Congo (dove operano numerosi missionari vicentini) e il Sud Sudan, a sua volta una terra molto legata alla nostra Diocesi.
Non è un caso se il motto scelto dal Papa per il viaggio in Sud Sudan è “Prego perché tutti siano una cosa sola”. «Il Sud Sudan – spiega padre Christian – ha ottenuto l’indipendenza dal Sudan nel 2011. E la Chiesa aveva richiamato l’importanza di formare un popolo da genti di diverse tribù, lingue e tradizioni. Ilconflitto cominciato nel dicembre del 2013 ha rappresentato il fallimento più completo di questo proposito poiché cominciato da divergenze politiche, ha preso poi colorazioni etniche e disseminato rancore. Al momento il Sud Sudan ha un governo di transizione e di unità nazionale. È un cammino lungo e faticoso, ma è l’unico possibile. Quindi il motto scelto dal papa richiama tutto questo: l’unità politica, sociale, antropologica e, perché no, anche di fede attraverso una visita ecumenica, la prima nel suo genere».
Questo febbraio in Sud Sudan avrebbero dovuto svolgersi le elezioni politiche, rinviate al 2025 che però, in questo contesto «possono diventare fonte di tensione e di confusione – afferma Carlassare -. La gente vota secondo la propria appartenenza etnica, non secondo un progetto politico. Inoltre, un terzo della popolazione è sfollata all’estero. C’è bisogno di un processo di normalizzazione, stabilità istituzionale, ritorno dei profughi, ripresa economica… solo allora le elezioni saranno in grado di dare indicazioni chiare al nuovo governo».