Cultura

Censurata dalla Rai ma non da Radio Vaticana. È “La Buona Novella” di Fabrizio De Andrè

La copertina del disco.
di Andrea Frison

“Gesù di Nazareth è stato il più grande rivoluzionario di tutti i tempi”, usava ripetere Fabrizio De Andrè (Genova, 18 febbraio 1940 – Milano, 11 gennaio 1999) introducendo ai suoi concerti i brani de “La Buona Novella”, album che nel 2020 ha compiuto 50 anni e che il cantautore genovese, ateo e anarchico, ha voluto dedicare interamente alla vicenda di Cristo ispirandosi ai testi dei vangeli apocrifi.

Un disco attualissimo

Ma cosa rimane oggi di un’opera che nel 1970 venne tacciata di anacronismo da parte movimento studentesco del ‘68, fu censurata dalla Rai Democristiana e trovò spazio su Radio Vaticana? «Dal punto di vista teologico l’album di De Andrè è ancora attualissimo, perché mette in luce due temi che oggi non sono scontati e che lo erano ancora meno cinquant’anni fa: il ruolo della donna e l’umanità di Gesù». A dirlo è Brunetto Salvarani, teologo e autore assieme a Odoardo Semellini di “De Andrè. La buona novella”, libro che, tra gli altri, ha il merito di indagare l’origine del disco e i contatti di De Andrè con il mondo cattolico, senza voler in alcun modo “cattolicizzare” l’artista.

Donne e fragili i protagonisti

«Maria è la protagonista dell’album, che nella prima parte si chiude con il pezzo “Ave Maria” che è una celebrazione della maternità femminile – riprende Salvarani -. Per quanto riguarda l’umanità di Gesù occorre tenere presente che cinquant’anni fa si ripeteva “Vero Dio e vero uomo”, ma il “vero uomo” traspariva ben poco. Invece la scelta di De Andrè è quella di prendere le mosse a partire dalla dimensione umana di Gesù ». A questo proposito, è interessante l’aneddoto ricostruito nel libro di Salvarani e Semellini in cui De Andrè, allora liceale, avvicina il suo professore di religione don Giacomino Piana. «De Andrè aveva già rotto i ponti con la sua educazione familiare e la cultura borghese – racconta Salvarani -. Segue però le lezioni di religione e in particolare quella che don Piana fa a proposito di Kierkegaard e delle differenze tra la morte di Gesù e quella di Socrate. Mentre quella del filosofo greco è una morte “serena”, quella di Gesù è, invece, estremamente drammatica. Alla fine della lezione il futuro cantautore ringrazia il suo insegnante dicendogli che quel Gesù così umano gli interessa molto».

Un Gesù umano

Viene spontaneo un paragone con un altro Gesù molto umano, quello del musical “Jesus Christ Superstar” che uscirà nel 1972. «”Jesus Christ Superstar” è stato l’allargamento su scala mondiale di questa percezione di Gesù – conferma Salvarani -, ma De Andrè fa un lavoro più raffinato scava a fondo nei dilemmi della vicenda di Cristo fino al brano conclusivo che però è a tutti gli effetti quello che sta al centro del disco, “Il testamento di Tito. Tito è il “buon ladrone” che rilegge i dieci comandamenti svelando da un lato come siano utilizzati per il mantenimento dello status quo e per esaltare “il conformismo borghese”, per usare la terminologia dell’epoca. Dall’altro svela quanto il Vangelo sia stato reso innocuo dalle “classi dominanti” e quanto la sua forza rivoluzionaria sia ancora da riconoscere». Domande che, oltre cinquant’anni dopo, ancora ci affascinano e ci inquietano.

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