Festival Biblico In primo piano

Benedetta Tobagi: «La Bestia sconfitta dalla gente comune»

La figlia del giornalista Walter Tobagi mediterà sul male e sul potere all'interno della 18esima edizione del Festival Biblico. L'appuntamento è a Vicenza il 29 maggio, data simbolo del "giorno dopo" la morte del padre e la bomba in piazza della Loggia a Brescia.
Benedetta Tobagi
di Andrea Frison

Dal domani 26 fino a domenica 29 maggio il Festival Biblico arriva a Vicenza, per il fine settimana di eventi dal vivo al centro della 18esima edizione, iniziata il 5 maggio. Un cartellone di oltre 30 eventi che saranno ospitati nel Brolo del Palazzo Vescovile – una piccola oasi di pace e tranquillità nel cuore del centro storico della città – mentre, nella vicina piazza Duomo, tornerà dopo due anni di pausa lo spazio del dAbar, il café culturale del Festival Biblico, con la sua consueta proposta che unisce cultura e territorio. Così come nelle altre città coinvolte nel progetto – Verona, Rovigo, Vittorio Veneto, Treviso e Padova (dove gli eventi si svolgono sempre questo fine settimana, dal 27 al 29) – anche gli appuntamenti in programma a Vicenza approfondiranno alcune questioni che segnano la contemporaneità a partire dal criterio tematico scelto per il 2022: l’Apocalisse di Giovanni. (Info sul programma: www.festivalbiblico.it).

Tra i vari ospiti  spicca il nome di Benedetta Tobagi, giornalista e scrittrice, storica degli “anni di piombo” (espressione che, vedremo, non condivide), che il 29 maggio, alle 9 al Brolo del Palazzo Vescovile, terrà una meditazione su “Il morso della bestia”, dedicato all’Apocalisse, che ricorda una doppia tragedia, personale e collettiva: «La mattina del 29 maggio per me è la mattina dopo il morso della Bestia – racconta -. È il giorno in cui, per i sopravvissuti, comincia il “dopo”. Il 28 maggio 1974, alle 10:15, una bomba massacrava otto innocenti in piazza Loggia a Brescia; il 28 maggio 1980, alle 11:10, un commando terroristico assassinava il mio papà», ovvero Walter Tobagi, giornalista del Corriere della Sera.

Benedetta, c’è chi afferma che l’Apocalisse è un testo che ci consegna le chiavi per interpretare la storia: vale anche per le vicende dello stragismo come quello di Brescia, che ha raccontato nel libro “Una stella incoronata di buio” (Einaudi)?

«Nell’Apocalisse trovo delle suggestioni profonde per intepretare la realtà in chiave metafisica e spirituale. Le pagine sulla Bestia sono molto potenti: descrivono un’incarnazione terribile, raccontata con grande vividezza, del male compiuto dagli uomini sugli uomini, del potere malvagio. Ho accolto volentieri la suggestione di riflettere sul periodo storico che studio ormai da 10 anni, dello stragismo terroristico alla luce di alcuni passaggi dell’Apocalisse: non ci fu, infatti, solo la violenza ma anche l’abuso del potere attraverso depistaggi istituzionali».

Quella tra verità e menzogna è un’altra delle tensioni che attraversa l’Apocalisse.

«La affronterò ricorrendo anche a suggestioni che vanno oltre il testo biblico, come gli affreschi del Signorinelli nella cappella di San Brizio all’interno del duomo di Orvieto. In uno di questi l’Anticristo è rappresentato mosso dal diavolo come un burattino ma anche molto rassomigliante al Cristo: è possibile distinguerlo dagli occhi invasati. È un dipinto di straordinaria modernità e che rimanda al testo biblico dell’Apocalisse: la grande sfida di quelle pagine è riuscire a sostenere la battaglia contro questo genere di mistificazioni messe in atto dal potere ma senza abbandonarsi al cinismo, al disfattismo e alla violenza».

A proposito di questo, il 28 maggio cade l’anniversario dell’assassinio di suo padre, a cui ha dedicato il libro “Come mi batte forte il tuo cuore” (Einaudi). Lo considera uno degli uomini che ha saputo opporsi, come diceva, a queste mistificazioni del potere?

«Mio padre è stato un giornalista che ha fatto bene il suo mestiere, e così inevitabilmente ti ritrovi a scontrati con situazioni di scorrettezza e a denunciarle. Mio padre si è trovato in un Corriere della Sera gestito dalla P2 accorgendosi che le cose non andavano bene, anche se non si sapeva che esisteva la loggia. Ma ha anche scritto contro il terrorismo rosso che giustificava la propria violenza sostenendo che lo Stato aveva a sua volta mostrato il suo volto violento. Ma soprattutto, mio padre ha mostrato assieme ad altri milioni di italiani una democrazia che lotta con mezzi non violenti. Per questo non amo definire quegli anni “di piombo” a causa di una minoranza violenta. Il terrorismo è intrinsecamente antidemocratico, è fatto da minoranze che si armano per imporsi sugli altri».

Cosa è rimasto oggi di quella stagione? Quanta coscienza c’è nella società civile italiana delle vittime di quel potere “bestiale”?

«C’è stato un forte cambiamento nel discorso pubblico sulle vittime a partire dagli anni 2000, con l’istituzione della Giornata delle vittime del terrorismo (il 9 maggio, anniversario dell’omicidio di Aldo Moro, ndr) che ha portato attenzione sulle persone rimaste vittime di quella stagione. Il problema enorme che resta è che si tratta di una stagione molto complessa, unica in Europa per la durata del fenomeno, per l’opposta matrice politica dei movimenti terroristici e per le coperture istituzionali di cui il terrorismo stragista ha beneficiato: nel clima di anticomunismo di guerra fredda si sono giustificati comportamenti anti costituzionali. Vedere come viene abusato il potere è molto istruttivo».

Ma oggi la Bestia di quegli anni vive ancora? Dove la vediamo?

«Oggi, studiando il periodo stragista mi sembra più importante occuparsi delle deviazioni istituzionali e degli abusi di potere. Il terrorismo di sinistra si è spento ed è finito nel niente, mentre i meccanismi del depistaggio si sono trasferiti nelle stragi mafiose: è questo l’aspetto più allarmante, perché non si è esaurito».

Il 24 maggio si ricorda la strage di Capaci, in cui venne ucciso il giudice Falcone…

«Non era casuale il mio ultimo richiamo».