Le adozioni calano. Nel Vicentino, come in Veneto e, in generale nel nostro Paese. La causa principale è la pandemia, ma non solo. Centinaia di famiglie sono in attesa dell’abbinamento, altre di abbracciare il proprio bimbo perché il Paese ha chiuso le frontiere. «C’è stato un rallentamento di tutto il sistema nazionale e internazionale – spiega Elena Ferraccin, assistente sociale che fa parte del’équipe adozioni dell’Ulss 7 Pedemontana -. I decreti del Governo e i protocolli regionali con le misure di contenimento del Covid non aiutano. Il Tribunale di Bassano (come quello di Vicenza ndr) in primavera è rimasto chiuso e le pratiche si sono arenate e accumulate; si stanno sbloccando in questi giorni. Lo stesso vale per i tribunali all’estero. È una grande macchina burocratica rallentata. Siamo in un periodo di incertezza e capisco che la situazione possa diventare frustrante. Immagino il disagio delle coppie. Ma l’attesa fa parte dell’adozione. È un elemento fondante che va vissuto con la maggior serenità possibile. Dare positività è il compito di noi assistenti sociali delle varie Ulss».
Rispetto allo scorso anno i numeri delle adozioni internazionali in Italia sono calati vertiginosamente. In Colombia, Paese molto richiesto, le adozioni nel 2019 sono state 161, da gennaio al 30 giugno di quest’anno solo 36. La Federazione Russa, in calo rispetto agli scorsi anni, nel 2019 ha rilasciato 126 adozioni, quest’anno (sempre per i primi sei mesi) sono 21. Il dato che fa capire quanto la situazione sia in stallo sono i numeri delle coppie in attesa dell’abbinamento o di abbracciare il figlio all’estero: 260 per la Federazione Russa, 117 per le Filippine, 301 per la Colombia. 46 coppie nel 2019 hanno adottato un bimbo cinese, quest’anno solo 5, 128 sono in attesa (fonte Servizio polifunzionale per l’adozione internazionale Spai).
Nel 2020, nell’Ulss 7 Pedemontana e l’Ulss 8 Berica, sono poco più di una ventina i genitori in attesa dell’idoneità del Tribunale di Venezia per adottare un bimbo straniero, su 135 coppie in tutto il Veneto. Sono invece 44 le coppie in attesa per l’adozione nazionale su 380 nel Veneto. Queste ultime lo scorso anno erano 57 su 492 richieste.
Pandemia a parte, i dati delle adozioni internazionali sono comunque in calo; in quattro anni si sono dimezzate. Nel 2019 in Italia hanno richiesto al Tribunale l’autorizzazione all’ingresso di minorenni stranieri a scopo adottivo 969 coppie, contro le 1.819 del 2015 (fonte www.commissioneadozioni.it).
Nel 2019 le regioni che hanno adottato di più sono state la Calabria e la Basilicata. Il Veneto è in quinta posizione, dopo Toscana e Umbria. Tuttavia il Tribunale dei minori di Venezia è tra quelli che si interessa di più al fenomeno adottivo: 94 coppie nel 2019 pari al 9,7% del totale; 157 nel 2016.
Più del 30% degli uomini e delle donne che richiedono l’adozione hanno tra i 40 e i 44 anni con un grado d’istruzione medio-alto.
Fare famiglia è “un lavoro”: «Servono solidità e profonda condivisione della scelta – spiega l’assistente sociale Ferraccin -. È una scelta meravigliosa, ma porta molte fatiche. Le buone fondamenta di coppia aiutano a far fronte agli ostacoli. La strada è lunga, servono energie, flessibilità mentale, spazi riflessivi personali e di coppia. È necessario mettersi in discussione».
A Vicenza e provincia sono tre le associazioni di genitori adottivi che accompagnano le coppie nel cammino che, di media, dura 3 anni: “Progetto adozione accoglienza” a Sovizzo, l’associazione “Famiglie adottive Alto Vicentino” e “Occhi del mondo” di Valdagno.
«La preparazione è molto importante – spiega Chiara Bergan, responsabile dell’associazione “Progetto adozione accoglienza” che ha adottato una bimba italiana che oggi ha 11 anni.– È fondamentale studiare, capire i Paesi. A maggior ragione in questo periodo in cui tutto è rallentato avere altre coppie adottive come punto di riferimento diventa essenziale. I momenti di sconforto ci sono prima, dopo e durante, soprattutto per chi è al primo figlio. . Ogni bambino ha un proprio vissuto, spesso non facile, c’è da gestire il senso dell’abbandono, l’adolescenza. Ti mettono alla prova in continuazione. Ma i problemi si risolvono».
L’ente organizza corsi per coppie, laboratori d’arte e incontri per bambini e ragazzi. «La differenza tra i Paesi di provenienza si vede anche da che colori scelgono e dal tratto del disegno – spiega Chiara -. I ragazzi africani cercano i colori accesi, quelli dell’Est Europa sono più “rigidi”. Gli incontri sono utili perché si rapportano tra loro».
«I cali delle adozioni sono a prescindere dalla pandemia – continua Chiara Bergan -. Da qualche anno molti Paesi hanno chiuso per equilibri politici. Altri hanno aperto solo per le liste speciali, per i bambini cioè, malati o con disabilità. Dare i propri piccoli in adozione per uno Stato è segno di debolezza».
L’Etiopia, ad esempio, ha alzato le barricate, ma ci sono anche Paesi disponibili: a luglio, causa Covid, alcune coppie non sono potute andare a prendere i loro bimbi in Burundi. Sono volati i piccoli in Italia, grazie ad un buona collaborazione tra i due Paesi.
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