Intervista

«40 km ogni domenica su e giù per le montagne»

Li percorre don Federico Mattiello, 36 anni, per celebrare le messe nell'Alta Valle del Chiampo. Gestisce da solo otto parrocchie.
Don Federico Mattiello, 36 anni, parroco e unico prete dell'Up Alta Valle del Chiampo.
di Marta Randon

Ogni domenica sale sulla sua golf e macina oltre 40 km che compongono parte del giro ad anello delle otto chiese dell’Up Alta Valle del Chiampo. Su e già per le montagne, dai 230 metri ai 900 di Campodalbero. Obiettivo: celebrare la messa. Don Federico Mattiello, 36 anni, è l’unico prete dell’Unità pastorale Alta Valle del Chiampo. La domenica gli corrono in aiuto due sacerdoti residenti a Vicenza, don Francesco Peruzzi e don Manuel Loreni, ma durante la settimana il carico è interamente sulle sue spalle.

Don Federico, come sta?

«Sto bene anche se qui nell’Alta Valle ci sono un po’ di difficoltà dovute al Covid. I media mettono paura, c’è stato qualche contagio e i rapporti umani sono sempre più radi. I giovani non sono molti, la maggior parte sono anziani. Trascorro molto tempo al telefono, uomini e donne hanno bisogno di una parola. Le distanze sono tante e, per rispetto, mi reco in visita nelle case solo se me lo chiedono. Cerco di dare il buon esempio. Gli incontri nelle parrocchie si sono notevolmente ridotti a discapito delle relazioni. Non è semplice raggiungere tutti, anche con il telefono e le videochiamate». 

Da solo tra le montagne, come si sente?

«Ci sono dei momenti di sconforto, ma ci sono anche spiragli di luce. Pensare da solo non è sempre facile, è necessario confrontarsi con qualcuno e per fortuna ci sono i laici. Le telefonate e i gruppi whatsapp per coordinare il servizio nelle parrocchie sono una compagnia. In generale sono d’accordo con la creazione delle Unità pastorali, ma è necessario snellire la burocrazia. Mi sto appoggiando molto al gruppo liturgico che, di fatto, è un gruppo ministeriale partito dal basso.  C’è rete, dialogo, ascolto reciproco. Alcuni laici mi hanno chiesto di essere formati, cominceremo a breve. “Siamo disponibili – mi hanno detto – ma dobbiamo sapere che cosa possiamo fare e come dobbiamo fare”. Apprezzo la serietà e la voglia di mettersi in gioco.  Soprattutto nei momenti di difficoltà è confortante sapere che c’è qualcuno che di fatto si sta formando con sensibilità e attenzione, altrimenti ricadrebbe tutto sulle mie spalle.

Nel 2016 eravamo in tre, da un anno sono solo. Ho l’aiuto di due sacerdoti la domenica. Il loro servizio è prezioso e li ringrazio, ma sarebbe necessario essere presenti anche durante la settimana, per ascoltare le persone. Limitare le visite e le uscite è faticoso anche per me. Mi affido alla preghiera.  Ogni giorno cerco di guardare il bicchiere mezzo pieno».

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